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Ciak, si gira negli studi Eur

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Fellini adorava i set nel quartiere futurista Muccino e Placido lo hanno riscoperto

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Portati straordinariamente bene grazie non solo alla lungimiranza dei suoi architetti, che nelle varie epoche furono decine, bensì anche all'integrazione dei suoi palazzo mastodontici con il resto della città che attorno ad essi si è espansa, mescolando marmi e cultura, fontane e abitudini, templi e arte. In pratica, quindi, trasformando l'Eur in uno dei più frequentati e ghiotti set cinematografici che Roma possa vantare anche nei confronti di città urbanisticamente più e meglio concepite in termini di razionale modernità. È questo il risultato della lettura di un bellissimo (proprio nel senso estetico del termine, fin dalla copertina di Maria Teresa Pizzetti) libro-catalogo dedicato alle frequentazioni che il cinema e la tv hanno avuto con l'Eur nel corso degli anni. Stiamo parlando di «Eur, si gira» (Lupetti, 163 pagine, 30 euro 30) curato da Laura Delli Colli, inviato speciale di «Panorama» e già autrice di numerose pubblicazioni dedicate a preziosi aspetti della memoria cinematografica. Arricchito dagli interventi di Angelo Bucarelli, che traccia una utilissima storia architettonica del quartiere voluto da Mussolini per celebrare davanti al mondo intero la grandezza del fascio Littorio, e di Franco Maritotti, storico del cinema italiano di particolare competenza, «Eur si gira» presenta una affascinante carrellata di immagini e notizie che riportano davanti agli occhi del lettore (la cui trasformazione in un "curioso" a bocca aperta per la meraviglia è, pagina dopo pagina, inevitabile) tutti i film, le fiction e persino gli spot girati tra le marmoree gradinate, le luminose pareti e gli ombrosi archi dell'Eur. Tra le quali, su tutte, spicca come un testimonial vero e proprio la Anita Ekberg colossale de «Le tentazioni del dottor Antonio», l'episodio con Peppino de Filippo che Fellini diresse nel '62 per la trilogia «Boccaccio '70» (In realtà, Fellini aveva girato all'Eur già la sequenza del ricovero di Emma-Yvonne Furneaux de «La dolce vita», trasformando in Pronto Soccorso un tratto del palazzo dei Congressi...). Il bianco e nero di Otello Martelli, e dei costumi di Piero Gherardi si sposano infatti con le simmetrie stilistiche dell'Eur al punto da far sembrare le foto tratte dal set del «Dottor Antonio» (ed ancor più degli altri set felliniani ambientati all'Eur, ultimo dei quali «Giulietta degli spiriti», a testimonianza di un amore speciale tra Fellini e quei palazzi che non vogliono invecchiare) come foto d'arte, concepite e composte a tavolino da un grande fotografo di scena mentre, in realtà, è proprio l'Eur a restituire quest'idea di armoniosa geometria che ha poi regalato negli anni a tutti i cineasti che lo hanno scelto come teatro. Una lunga serie di nomi, come dire tutti i protagonisti del nostro cinema (ma non solo: all'Eur hanno lavorato anche registi stranieri) che Delli Colli riunisce in coda al volume in un'utile ed evocativa appendice, che comincia già nel 1945 con «Roma Città Aperta» di Rossellini, e prosegue con Risi, Rosi, Monicelli, Scola, Lattuada, Pietrangeli, De Sica, Petri e Steno ma anche con il Blake Edwards della «Pantera rosa» e che finisce con il Gabriele Muccino de «L'ultimo bacio», il Daniele Vicari di «Velocità massima» o con il Michele Placido di «Romanzo criminale». Un amore, quello tra Eur e cinepresa, che segna il raggiungimento almeno di un obbiettivo: imitando Lenin, Mussolini ripeteva che «il cinema è l'arma più forte». Logico quindi che invece di un semplice quartiere di Roma, il "suo" Eur diventasse anche un set straordinario ed altrove irripetibile.

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