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Altman chiude il cerchio di Nashville: «Ogni film è politico»

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Il bosniaco «Grbavica» diretto da Jasmila Zbanic e ambientato in tempo di guerra nell'area occupata dall'esercito serbo-montenegrino, adibita a campo di tortura dove le donne venivano stuprate. Mentre «The promise», del raffinato regista cinese Chen Kaige racconta, con il budget (150 milioni di dollari) più costoso nella storia del cinema asiatico, la favola mitologica di un amore impossibile. Ma gli applausi più calorosi, tra risate e commozioni, sono stati tutti per «A prairie Home Companion» del regista ultraottantenne Robert Altman (nella foto con la moglie) che torna, con la sua nostalgica ironia, a dipingere un altro colorito e dettagliato ritratto della provincia americana: quasi questo suo ultimo film voglia chiudere il cerchio, iniziato 30 anni fa con «Nashville». La storia è stata scritta da Garrison Keillor, leggendario autore del programma radiofonico «A prairie home Companion», che dal 1974 viene ascoltato da più di 35 milioni di ascoltatori in tutto il mondo e diffuso live dal teatro di Keillor, in Minnesota, attraverso 558 canali Usa. Il programma di varietà per famiglie ha interrotto nel 1980 la sua forma live e Altman descrive proprio quei momenti. Con un detective, Guy Noir (Kevin Kline), che in teatro è vice direttore della sicurezza e che sembra uscito da un romanzo di Raymond Chandler o da un quadro di Hopper. E con una donna angelo (Virginia Madsen) che si materializza in modo misterioso, quasi a ricordare che la fine di una epoca e del programma live sta per finire. «Il mio primo interesse per i drammi è nato alla radio - ha detto ieri il regista - Mi ricordo che ascoltavo la radio da bambino, negli Anni '30, steso sul pavimento. Il mio grande idolo era Norman Corwin, che è stato il vero creatore del radio dramma. Non potrò mai dimenticare la mia esperienza di Nashville, ho molti ricordi di quel film, di quando lo giravo». Altman, che compirà 81 anni il 20 febbraio ha scherzato sul fatto che sul set è stato affiancato dal «vice-regista» Anderson (quello di Magnolia). E sull'Oscar alla carriera che gli sarà consegnato il 5 marzo ha detto che non avrebbe preferito ricevere il premio per uno dei suoi film: «Il lavoro è la mia vita. E non c'è premio migliore. Ogni film è un film politico - ha detto ancora il regista - Non si può fare un film senza risentire della temperatura politica dell'epoca».

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