Amalia Gré, la «stordita» che canta come Mina
Sembra catapultata sulla terra da un altro secolo, viene da pensare che scriva ancora con penna e calamaio e che sia diplomata in liuto, e poi si scopre che disegna con la videografica e che tutte le immagini del booklet di «Per te», il suo secondo cd, appena pubblicato, provengono dalla sua mano. Felicemente ispirata. E si scopre ancora che è diplomata in scenografia teatrale, che dipinge, che ha realizzato anche un pluripremiato cortometraggio. La cantante jazz del momento, da molti paragonata a Mina, arriva sul difficile mercato italiano con un piccolo gioiello, il secondo della sua (per ora) breve carriera, che raccoglie 14 canzoni stralunate, intense, profumate e colorate (tra le altre la «Quanto ti ho amato» del trio Benigni, Cerami, Piovani), interpretate con passione e con dolcezza, e sostenute da una tecnica sopraffina, messa a punto in anni di studio. «Sono stata otto anni a New York a studiare duramente - confessa - con la grande Betty Carter della quale ero diventata amica, e con Bobby McFerrin». Poi la decisione di tornare, e di intraprendere una carriera artistica a 35 anni. Perché una cantante jazz che potrebbe avere l'America ai suoi piedi torna in Italia? «Perché in America la vita è dura, non volevo diventare americana, non è una cultura che mi appartiene. E poi avevo anche voglia di ritrovare i profumi della mia terra, il Salento. Stavo lì solo per studiare ed imparare, era una missione, ma ho studiato troppo, tanto che ho perso tutti gli amici». Trova difficoltà a scrivere testi jazz in italiano? «Assolutamente no, le canzoni mi vengono da sole, scrivo molto rapidamente. Mi arrivano così...». Da dove arrivano? «Sono dei regali che mi arrivano...». Non tutti hanno questa dote.. «Non è una dote, sono dei messaggi. Io sono solo un mezzo, non c'entro niente» Stai dicendo che la musica... «È un'entità». Come vive questo momento di radicalismo religioso? «È un dramma. Le religioni hanno tutte gli stessi caratteri, la stessa spiritualità. È la politica a strumentalizzarle». Ne «Il giardino multirazziale» usa i fiori come metafora per parlare dei popoli. È un momento difficile... «Penso che ci voglia equilibrio e dialogo, perché poi quando piove ci bagnamo tutti». È stata definita una "stordita" che canta come Mina... «L'ha detto Linus per il fatto che ho un canto altalenante ma lo trovo un appellativo molto adatto a me, sono una persona strana, intrigante, sicuramente non seguo percorsi lineari». E le arti si integrano o viaggiano da sole? «Sono percorsi paralleli che ogni tanto convergono. Ho fatto la copertina del cd, adesso esporrò alcune mie opere al Vittoriano».