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Una Oxa «traviata»

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E Dolcenera canta la parolaccia

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Spetterà a lei, come da tradizione, la palma dell'esibizione più chiacchierata della kermesse. Aiutata, questa volta, da un brano come «Processo a me stessa» che, all'autolesionismo del titolo, unisce una struttura complessa e straniante. La canzone, dall'incipit epico, colloca l'interprete in uno scenario da opera lirica ed estremizza i vocalizzi della Oxa tra acuti e veri e propri rantoli, quasi come se il suo autore, Pasquale Panella, non avesse fatto altro che scrivere musical. Tutto il resto è Festival, privo di grandi picchi d'ispirazione e trovate originali. Almeno ad un primo ascolto. Alcuni brani, per il momento, sono ancora privi dell'arrangiamento definitivo e quelli «finiti» presentano a volte delle ingenuità di scrittura e concertazione, forse per una sottoutilizzazione dell'orchestra. Se a questo si aggiunge il rischio di monopolizzazione della scena da parte di Panariello che, da uomo di spettacolo più che di talk-show e regolamenti, privilegerà il suo varietà costruito su misura, le canzoni potrebbero passare in secondo piano. Non che facciano gridare al miracolo, ma vivono in quei giorni il loro quarto d'ora di celebrità. Peccato che le tematiche siano sempre le stesse, i moduli ripetuti fino alla nausea, i giovani cloni già in fila d'attesa per il dimenticatoio. Persino Dolcenera, che una sua grinta personale ha avuto modo di sfoderarla, alterna la solita intro roca e parlata a un'esplosione urlata, stranamente emula di Gianna Nannini. Solo più sbarazzina ed epigona della Bertè, ci infila un «affanculo», il primo nella storia del Festival. Trionfa il sentimento in tutte le salse: dalle dichiarazioni e idealizzazioni dell'amore di Alex Britti, Ron, Michele Zarrillo, Carlo Fava e Noa, Zero Assoluto, L'Aura, Simone Cristicchi, agli amori finiti, feriti, calpestati, quelli impossibili e pieni di rimorsi di Spagna, Simona Bencini, Sugarfree, Mario Venuti e gli Arancia Sonora, Luca Dirisio, Helena Hellwig, Andrea Ori, Ivan Segreto, Antonello, Deasonika e Tiziano Orecchio. Pochi quelli che escono dal seminato: parla del rapporto tra padre e figlio il giovane Virginio nel brano "Davvero"; Nicky Nicolai traccia la parabola di una prostituta con un crescendo musicale che promette lacrime titaniche. La vocalist romana se dovesse superare l'eliminazione, proporrà, per la serata del venerdì, una versione con l'accompagnamento del marito Stefano Di Battista e del pianista Giovanni Allevi. L'atteso Povia presenta un buon brano a metà tra la filastrocca e la favola di Esopo. Una metafora sul rapporto di coppia, ispirata alla sua vicenda personale. Delude il testo di Mogol scritto per Anna Tatangelo: «essere una donna, non vuol dire riempire solo una minigonna», e via dicendo. Il celebre autore si dedica alla napoletanità, provocando lo scisma d'occidente «Musica e speranza», il brano cantato dal supergruppo Gigi Finizio-Ragazzi di Scampia. Una sorta di «Semo gente di borgata» in chiave etnico-partenopea, alla maniera dell'Orchestra Italiana, per il riscatto socio-culturale dei ragazzi di periferia. Si atteggia a spirito libero l'imprevedibile Gianluca Grignani, bello e dannato indica la strada morrisoniana: «siamo liberi di sognare fino all'alba del giorno che verrà». Le bombe restano appannaggio dei Nomadi. In «Dove si va» pezzo corale trainato dalla voce possente di Danilo Sacco, la band vira sull'impegno e i toni pacifisti. Tra le categorie, quella degli uomini è la più solida e convincente. Per il blues e l'assolo di chitarra di Alex Britti (coadiuvato dalla professionalità del suo arrangiatore Geoff Westley), l'eleganza di Ron, quasi country con uno sfolgorio di mandolini. Più vicino alla forma sanremese, Luca Dirisio svela doti vocali finora inespresse in un brano lento e romantico. Deludono le signore, troppo vicine allo stereotipo sanremese, a partire da Spagna a Simona Bencini. È pur vero che l'orchestra, quando utilizzata, straripa di violini, generando un sfondo sonoro omologante. Si riconfermano ba

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