Sylvie Guillem: adoro la danza serve talento e non la bellezza
Che effetto le fa tornare dopo tanto tempo a danzare sotto la Cupola di S. Pietro? «Tutto qui è grandioso, S.Pietro, i teatri, la gente». La vedremo in un lungo assolo di Maliphant: preferisce la danza contemporanea al classico? «Preferisco la bella danza. Amo comunque specie le coreografie di Forsythe e Kylian: ma le mie radici sono nel classico, che Nureiev ha potenziato al massimo». Come ricorda questo ballerino e il suo non sempre facile carattere? «Mi nominò étoile a 19 anni all'Opéra di Parigi: gli sono stata accanto, ho vissuto con lui, e lo ricorderò sempre com'era, istintivo, passionale, aggressivo». È consapevole di aver avuto per natura doti fisiche eccezionali? «So di avere avuto molto. Ma per affinarmi, per interpretare artisticamente i personaggi, mi sono spesa al massimo e ho lavorato quanto gli altri, più anche». Lei ha fatto capolino nel cinema e nella moda: la bellezza serve nella danza? «Servono bellezza ma soprattutto femminilità, per saper dare, comunicare. Ho visto danzatori con occhi splendidi e buona tecnica, ma che non avevano nulla dentro. Il talento vero è sempre difficile da trovare». Lei sa che oggi invece paga di più la supremazia tecnica, il virtuosismo? «È il pubblico che lo vuole. Ma in tutta la mia carriera io ho sempre cercato il vero talento». Ha obbiettivi per il futuro? «Vivere. Ho un'unica curiosità: la vita». «Tersicore» proseguirà con il gruppo americano «Pilobolus», col Ballet Preljocaj, con la famosa compagnia Merce Cullingham.