Solo Laura dopo Modugno? Non dimentichiamo Ortolani
Un premio autorevole, di quelli che in Italia non siamo mai riusciti a mettere in piedi - a provarci, nell'ordine, sempre con il medesimo insuccesso, sono stati: case discografiche, indipendenti, gruppi editoriali, tv - che in quest'ultima edizione ha penalizzato fortemente due grandi generi americani, la black music e il country. Il risultato immediato è stato quello di disarcionare Mariah Carey, abbonata a questo tipo di riconoscimento, e di seppellire letteralmente di statuette con il grammofono gli U2. Detto che questo non è certamente l'anno degli U2, va apprezzato se non altro l'atteggiamento di Bono, che una volta tanto ha evitato i suoi sermoncini e la condanna di ogni possibile focolaio del mondo. E' stata certamente la serata di Laura Pausini, la trentunenne cantante di Solarolo che dopo anni di appostamenti nei confronti del mercato americano è riuscita finalmente a spuntarla con «Escucha», versione italiana di «Resta in ascolto», album con cui ha ottenuto il Grammy come «best latin pop». La Pausini ha affrontato la conquista del mercato americano con grande determinazione, dimagrendo, curando le relazioni, studiando l'inglese e lo spagnolo, ma soprattutto infondendo a sé stessa e a tutto il suo entourage una mentalità internazionale. Dunque grande riconoscimento per la caparbietà della nostra cantante, anche se, a proposito di Grammy si è fatta un po' di confusione. Tutti hanno ricordato quello del 1958, la prima edizione, di Domenico Modugno - che per la verità ne ottenne due: «miglior singolo» e «miglior canzone dell'anno» - qualcuno ha ricordato Nino Rota, ma nessuno ha fatto cenno al meritatissimo Grammy ottenuto nel 1963 da Riz Ortolani con «More», tema inserito nel film «Mondo cane» e men che meno a quello, anno 1969, portato a casa da Luciano Berio, come «miglior performance corale», insieme al gruppo Swingle Singers. C'è inoltre una non sottile differenza: «Nel blu dipinto di blu» e «More» sono temi di cui si sono innamorati migliaia di cantanti internazionali, da Frank Sinatra a Barbra Streisand, dall'orchestra di Count Basie a quella di Stan Kenton, che di fatto hanno divulgato la canzone italiana nel mondo, creando ricchezza discografica ed editoriale, mentre «Escucha» non andrà oltre le corde vocali della sua interprete. Salvo i soliti duetti creati in laboratorio che non si negano a nessuno.