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Quattro foto scomode alla mostra sull'eccidio

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Non c'è ricordo che regga alle logiche della politica. Succede così che la preside della Facoltà di Economia di Roma Tre, col beneplacito del Rettore, decida di vietare l'allestimento di una mostra. Cosa può avere di tanto «scandaloso» una mostra al punto di essere vietata? Nulla, è semplicemente una mostra dedicata alla tragedia delle foibe. Una piccola testimonianza, un segno tra mille per celebrare con dignità la «giornata del ricordo». Eppure questa «mostra scomoda» non si farà. Almeno a Roma Tre. Proprio nell'università «territorialmente» legata ad una delle più grandi comunità d'esuli del mondo, quella del «Villaggio Giuliano e Dalmata». Altre università hanno accettato di esporla, Roma Tre no. La motivazione, in un primo momento, è logistica: l'atrio della Facoltà non può ospitare iniziative degli studenti. Ma poi si entra nel merito. Immagini troppo crude, potrebbero creare turbamento, potrebbero essere lette come una provocazione, meglio non esporle. In effetti certe volte può capitare che la realtà sia troppo cruda, in fondo è la realtà. Il Rettore abbozza anche una giustificazione: «Nessuna censura. Ma la politica resti fuori». Ed ecco emergere la verità: la mostra non si farà perché organizzata da Azione Universitaria, movimento studentesco vicino ad An. Quasi che la memoria avesse un colore politico. Oggi, nella «giornata del ricordo», resta solo l'amarezza. L'amarezza degli esuli giuliani e dalmati che, ancora una volta, si vedono negare la dignità della storia. Proprio loro che hanno sempre rifiutato le etichette della politica al punto di costituirsi nell'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Un'Associazione senza bandiere, solo per ricordare, per testimoniare la loro appartenenza ad una terra, alla loro terra. Una terra da cui sono stati costretti a fuggire e dove forse, ancora oggi, sperano di ritornare. Sono serviti 50 anni per prendere coscienza del loro dramma, forse troppo pochi per l'ateneo di Roma Tre.

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