«Vi racconto il sesso come una favola»
In scena Gianni Fantoni affronta con ironia il tema delle difficoltà maschili
Nell'ambito della sua consulenza per il progetto di comunicazione della Pfizer Italia, produttrice del Viagra e impegnata a sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza di vivere una sessualità piena e appagante, Costanzo ha deciso di tradurre temi spinosi e contenuti forti in una creazione scenica delicata e lieve. Come le è venuta in mente questa anomala commedia? «Quando alcuni sessuologi mi hanno descritto la difficile situazione in cui versano molti uomini, che peraltro conoscevo anche per altre strade, ho ritenuto giusto inventare una storia in cui tutto fosse allusivo e non esplicito. Diventare grevi era facilissimo e allora ho pensato che di pulito ci sono solo le favole. Evitando parolacce e riferimenti precisi, dal momento che i nostri connazionali non accettano di buon grado di affrontare il tema sessuale in maniera dichiarata, ho deciso di lavorare con Gianni Fantoni che per me è un "fumetto vivente", un cartone animato che non può scioccare il sensibile universo maschile». Che ruolo hanno le donne nella vicenda? «Ho previsto la partecipazione delle "Passere Solitarie", ironiche poetesse di qualità invitate a una sorta di "Spoon River" per sintetizzare in pochi versi le loro delusioni, ma anche le loro perfidie. Gli incontri con il femminile sono presentati come incidenti di percorso, incubi e momenti dark per arrivare però a un finale edificante che apre ai sentimenti suggerendo alla gente la speranza di una possibile soluzione positiva». Alla luce della sua esperienza, cosa scatena le difficoltà di coppia? «Sono crollate le ipocrisie e la donna ha iniziato a richiedere il dovuto con conseguente preoccupazione dell'uomo. Posso dire che ci siano donne portatrici sane di desiderio e donne portatrici sane di silenzio, ma questo è il bello. Il sesso è mistero». Dopo «Lungomare» con Alex Britti, subito un altro spettacolo. Ha intenzione di dedicarsi più assiduamente del solito al teatro? «No, in realtà è stato un puro caso. Non mi occupavo direttamente di teatro dal 1989, ma poi l'anno scorso ho diretto Gino Paoli e Ornella Vanoni in "Ti ricordi? Sì, mi ricordo" e in seguito mi sono trovato coinvolto in queste altre due avventure». Quale futuro prospetta per l'arte scenica? «Il teatro non morirà mai! Esisterà finché ci sarà un uomo che salirà sul tavolo a raccontare una storia e un altro uomo lo starà a sentire. Il teatro non svolge soltanto una funzione divulgativa, ma è comportamento».