Ligabue riparte dai piccoli club
Ieri sera all'Alcatraz di Milano (esaurito come le altre 6 date nei club, dove non suonava da dodici anni), Luciano Ligabue ha scelto una chiave minimalista per effettuare un volo su e giù in 15 anni di canzoni. L'entusiasmo dei tremila spettatori, che hanno cantato senza smettere per due ore, ha finalmente sciolto il groppo che Ligabue aveva nel cuore dopo i problemi tecnici dell'evento di settembre al Campovolo di Reggio Emilia, che avevano smorzato la gioia per il record mondiale 2005 di spettatori paganti a un unico show (165.264). Durante l'esecuzione di «Bar Mario», Luciano ha saputo scherzarci su, chiedendo: «Sentite bene tutti? Non è che domani qualcuno mi fa un mazzo così su internet?», raccogliendo applausi e affetto. Partenza al fulmicotone con «Figlio d'un cane», poi si viaggia in bilico fra il presente del nuovo album «Nome e Cognome» con brani come «Cosa vuoi che sia», la graffiante «Happy Hour» e l'inno alla superiorità femminile di «Le donne lo sanno» punteggiate dalle antiche «Walter il mago», «Salviamoci la pelle», che ha mantenuto il lungo finale strumentale del live di Campovolo, e «I duri hanno due cuori», che non è mai stato un singolo radiofonico eppure da cinque anni è la canzone più richiesta dagli iscritti del suo fan club dopo «Urlando contro il cielo», che chiude il concerto con un grande coro. Dopo un intermezzo acustico con la nuova «Lettera a G.» e le antiche «Freddo cane in questa palude» e «Angelo della nebbia», Ligabue ha ripreso a macinare puro rock'n'roll in punta di piedi, quasi come una terapia fisioterapica per stemperare il trauma dell'estate scorsa, in un concerto reso più efficace dai suoni fedeli agli arrangiamenti originali e dall'assoluta assenza di fronzoli (scenografia minimale composta da tralicci d'acciaio per sostenere l'impianto luci). Per questo ritorno alle origini Ligabue, affiancato dal nuovo inseparabile chitarrista Niccolò Bossini, ha richiamato i ClanDestino, la sua prima band formata da Max Cottafavi alla chitarra, Gigi Cavalli Cocchi alla batteria, Luciano Ghezzi al basso e Giovanni Marani alle tastiere. Una travolgente versione di «Questa è la mia vita», ancora spazio alle novità con «Il giorno dei giorni» e «L'amore conta», quindi il gran finale con «Libera nos a malo» e «Piccola stella senza cielo».