ROMANZO FILOSOFICO
Cominciava l'Illuminismo, originava la borghesia, l'età dell'intraprendenza. Ci sarebbe stato un futuro felice mediante le macchine e la scienza? Esisteva una condizione sociale che offriva l'appagamento? Johnson scrive a riguardo un romanzo filosofico e di viaggi, com'era tipico del suo tempo: "Rasselas principe d'Abissinia", Marsilio Editore, a cura di Giuseppe Sertoli. Rasselas, figlio dell'Imperatore, abita nella Valle felice, ma felice non è. Immagina terre sconosciute, vuole viaggiare, l'incontro con un poeta, Imlac, e la storia di sé che Imlac gli narra, sebbene rattristante sul mondo esterno alla Valle felice, non scoraggiano Rasselas. Con Imlac decide di fare una caverna per uscire dai confini della Valle. Fuori, trovano la sorella di Rasselas, che vuole accompagnarli. Da questo momento nel racconto, che è narrativo di idee più che di fatti, i protagonisti vanno incontro a varie peripezie. Rasselas è sempre certo di trovare la condizione felice, ma nessuno che egli giudica contento della situazione che vive si dichiara soddisfatto. L'eremita cerca la compagnia, l'uomo potente è spodestato, il ricco teme per i suoi beni, il povero vuole i beni. Alla fine, il Principe, la Principessa e il Poeta torneranno in Abissinia. Allora, non dovevano muoversi dalla terra natia? Conoscere,viaggiare è vano? Per nulla.Solo chi conosce può tornare. Chi non conosce deve viaggiare, sapere. Johnson, in un'epoca di viaggi e di formazione dell'uomo moderno, esprimeva la necessità di trapiantarsi per avere delle radici. Una realtà del tutto simile alla "nostra" modernità,nella quale è impossibile non conoscere l'altro. Con la differenza, spesso desolante, che mentre i personaggi di Johnson viaggiano, e arricchiti d'esperienza, tornano al luogo natio, che non è solo un luogo fisico, noi ci disperdiamo, non sappiamo chi siamo, o siamo dei cosmopoliti inconsapevoli, per mancanza di identità non per rinnovata e più complessa identità. È un passaggio inevitabile ogni qual volta si moltiplicano i confini dello sguardo. Allora come oggi.