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«E da Parigi conquisterò l'America con la mia banda della Magliana»

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Il direttore della rassegna, Dieter Kosslick, non ha tralasciato proprio nulla tra i temi caldi della stagione, a pochi mesi ormai dai mondiali di calcio in Germania. La Berlinale ha peraltro una lunga tradizione di tematica politica che risale alla Guerra Fredda, quando al Festival sulla Sprea si proiettavano film proibiti provenienti dall'est Europa comunista o dall'Asia. A parte il fim di Benigni, «La Tigre e la neve», fuori concorso, sarà una sola la pellicola che rappresenterà in concorso l'Italia al prossimo festival di Berlino: l'onore, quest'anno, è tutto di Michele Placido e del suo film, «Romanzo criminale» che, dopo aver ricevuto tanto successo in patria, uscirà a Parigi il 7 marzo in circa 300 copie. Placido, come affronta la sua candidatura all'imminente festival tedesco? «Ne sono orgoglioso. Un Orso io già l'ho portato a casa: era il 1977 e c'era Fassbinder come presidente. Fui premiato come migliore attore per l'interpretazione del film "Ernesto" di Samperi. Non ero andato a Berlino perché stavo girando e lessi la notizia il giorno dopo sui giornali; all'epoca non c'erano i cellulari. Mi dispiace di essere il solo italiano in corsa per l'Orso d'oro. Ma è evidente che i migliori registi, come Amelio, Moretti, Bellocchio e Sorrentino, ancora non avevano ultimato i loro film. Credo sia l'ipotesi più plausibile e spero siano finite le polemiche secondo le quali l'Italia ha per anni snobbato Berlino perché preferiva i festival di Cannes e di Venezia. Se poi anche a Cannes sarà presente un solo film italiano, significa che qualcosa non va nel nostro cinema rispetto alle cinematografie degli altri Paesi». Cosa non va, in particolare, nel cinema italiano? «La vera protagonista è ormai la tv, sulla quale è fortissima l'attenzione dei politici e dei giornali. I critici televisivi hanno oggi molto più spazio e importanza rispetto a quelli cinematografici. Questo non va bene, va a discapito del cinema, che invece può offrire nuovi apporti culturali al Paese che cambia, con storie più approfondite che, per sua natura, la televisione non può realizzare, anche a causa della censura. Ma la tv è più appetibile per il potere, perché è commerciale, fa circolare più denaro e rende meglio del cinema, che però ha le chances per tornare ad essere ancora protagonista». Lei è stato diretto da Moretti ne «Il Caimano», film ispirato alla figura di Berlusconi. A Berlino, un regista tedesco presenterà una pellicola incentrata sul nostro presidente del Consiglio. Perché tanto interesse per il Cavaliere? «Se Berlusconi fosse una persona mediocre, nessuno s'interesserebbe di lui. Nessun presidente italiano ha mai avuto prima tanta popolarità quanta ne ha avuta Berlusconi: per lui è motivo di orgoglio, per noi di riflessione. Da uomo di sinistra che crede nella democrazia, rispetto il ruolo degli altri. Lo rispetto, ma non lo voto. Non farei mai un film su di lui perché ci sono tematiche più importanti e profonde capaci di rispecchiare il mondo di oggi. Con "Il Caimano", Moretti ha fatto un film divertente, non politico, come "W Zapatero" della Guzzanti». Qual è il suo ruolo nel film di Moretti? «Nanni ci ha vietato di parlare del Caimano, vuole fare una sorpresa a tutti, tanto che quando uscirà la pellicola farà nello stesso giorno una proiezione per il pubblico e una per la stampa, senza alcuna conferenza. Comunque, il mio è un ruolo autobiografico, il ruolo di un attore che dovrebbe interpretare Berlusconi, in un film diretto da una giovane regista, Jasmine Trinca». Ha già in mente una nuova sceneggiatura? «Sì. Ma prima bisogna vedere come andrà "Romanzo criminale" a Berlino, ai Nastri d'argento e poi in Francia. Se è vero che Parigi è la porta per l'America, spero di conquistare anche il pubblico d'Oltreoceano. Come attore, sarò nel film di Soavi "Arrivederci, amore ciao", in quello di Moretti e nel thriller "La sconosciuta" di Tornatore. In attesa che a giorni nasca mio figlio Gabr

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