PROTESTE ANCHE PER PIERACCIONI

Fu il Toto nazionale a portare a Sanremo, lo scorso anno, Annalisa Minetti, nella posa più allacciata della storia della kermesse. Due voci, un destino comune: lo stesso manager, Dino Vitola, impegnato quest'anno nel riscatto della Minetti che minaccia furibonda: «marceremo su Sanremo». Una "missione" che illustrerà nei dettagli domenica nel salotto televisivo di Mara Venier. L'idea è questa: diverse associazioni che hanno già fornito alla Minetti solidarietà e sostegno morale, sfileranno in corteo per manifestare contro i presunti motivi della sua esclusione. «Siamo ancora in attesa di una risposta del signor Panariello, di una sua parola - ha detto Vitola -. In 35 anni non mi è mai successo niente di simile e voglio andare fino in fondo a questa faccenda perché il motivo dell'esclusione offende la dignità di tante persone che non hanno la possibilità di difendersi. Per questo Annalisa e i suoi sostenitori andranno a Sanremo ad aspettare Panariello sui gradini dell'Ariston». Il patron del Festival di Castrocaro che nel 1983 convinse Gianni Ravera a dare a Vasco Rossi un'altra possibilità e che ha legato il suo nome all'exploit di Laura Pausini, si è visto scippare qualche anno fa la gestione della controversa Accademia di Sanremo. «Evidentemente ogni tanto ci sono dei veti o agiscono delle forze oscure se, anche quando vinco legalmente, mi fanno fuori». Il Comune di Sanremo, infatti, a partire dallo scorso anno, ha affidato l'Accademia all'Orchestra sinfonica della città ligure. «Cosa c'entra? - ha borbottato Vitola -. È come se per tagliarci i capelli avessimo bisogno del falegname e non del barbiere». Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Il manager calabrese ne approfitta per lanciare una contro-proposta: «invitare la Minetti e il gruppo dei suoi amici a cantare fuori gara l'inno d'amore dei diversamente abili». Un brano scritto dalla stessa interprete, da Stefano Borgia e Vincenzo D'Agostino che uscirà in ogni caso, indipendentemente dal Festival. «Purtroppo - ha aggiunto - una scarsa propensione nei suoi confronti si era manifestata già lo scorso anno. Per vederla al Festival, Cutugno l'ha dovuta imporre». L'ultima si deve ancora ad un toscano, Leonardo Pieraccioni, ospite ieri della già galeotta "Vita in diretta". È sempre Vitola che segnala: «il compare di Panariello si è cimentato in uno sketch di cattivo gusto. Non è divertente scherzare con i problemi reali della gente», mentre Minetti coglie l'occasione del megafono per ribadire: «Le battute infelici sono ormai abitudine di certa comicità di serie b. Il mio handicap è paragonato alle "doppie punte" e il mio nome associato ancora al sarcasmo. La mia condizione e quella delle persone che amo sono continuamente ferite nell'orgoglio e nella dignità. Aggiungo soltanto che queste battute scadenti contribuiscono a dare longevità a quella che è stata autorevolmente definita "tv deficiente". Auspico un chiaro intervento del Direttore Generale della Rai, Meocci, che tanta sensibilità ha finora dimostrato contro una tv urlata e poco chiara». Resta irrisolto anche il caso "Ragazzi di Scampia", sul quale è intervenuto qualche giorno fa persino il senatore Salvatore Lauro, candidato a sindaco di Napoli. La direzione artistica non ha ancora deciso se la canzone - di cui Mogol ha fornito precauzionalmente due versioni - sarà eseguita in italiano o in dialetto napoletano. «E' una scelta complessa - ribadisce il direttore artistico-musicale Gianmarco Mazzi -. Lasciare il testo in dialetto implica una forzatura nei confronti del regolamento, ma io preponderei per il napoletano perché l'aspetto artistico non può passare in secondo piano».