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IL COMMENTO

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Dopo le bugie fateci divertire

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È difficile portarli in gara». Scoprendo l'acqua calda, il comico livornese ha capito in queste settimane, a sue spese, che le amicizie non contano e certe antiche alleanze, quando c'è in ballo l'Ariston, si polverizzano. Probabilmente non sarà un'edizione di quelle con un cast da urlo, da ricordare e mettere in cineteca, ma forse è proprio per questo che si dovrà trovare altro, che non siano le vallette, i comici, gli ospiti più o meno d'onore, italiani, stranieri o extra-comunitari. La storia della rassegna insegna che tutto ciò non vuol dire nulla. Qualche volta è bastata la trovata, la gag, l'improvvisazione, in sostanza l'aspetto creativo e autorale. Panariello ha debuttato sostenendo una malinconia verità e una pietosa bugia. La verità è di quelle che rimandano direttamente al coro di Mariele Ventre: «Voglio fare il festival dei sogni, quello che sognavo da bambino». Quadretto con i pastelli, infanzia passata davanti alla tv, la teoria dei cantanti uno dopo l'altro, il bambino in casa che annuncia faceto quello che verrà dopo. Un pizzico di bianco e nero, l'estrema e godibile contabilità delle canzoni, un festival che non c'è più e che nessuno vuole più. Un ricordo da lucciconi che sdogana il Panariello delle battute pesanti che proprio in questi giorni sta affilando le armi con i suoi autori per creare, almeno lui, qualche tormentoncino. Che almeno quello si ricordi. Ma non sarà il festival che sognava da bambino. Un sogno. Appunto. Con la bugia Panariello torna ad indossare i panni dell'attore avido, dalla comicità squassante, per nulla refrattario alla grana grossa: «Non abbiamo l'ansia degli ascolti, perché non sarà possibile eguagliare gli ascolti dello scorso anno». Qui si allunga il naso e Panariello dovrebbe rapportarsi più concretamente a chi ha puntato su di lui, la Rai innanzitutto, ma anche la Fiat, che con cinque telepromozioni cercherà di dimostrare che anche a Mirafiori è cambiata la musica e che il focus degli investimenti si concentrerà sulla Panda Cross, pensata per un pubblico giovane ancora tutto da snidare. Panariello pensi a rischiare, a divertire, ad ironizzare, ricordando che i cantanti, soprattutto nella settimana sanremese, sono gli individui meno spiritosi del mondo. E qualche volta le loro canzoni lo sono ancor meno. A tutti noi, appassionati, critici, pubblico e addetti ai lavori e sanremizzati vari, il compito di scovare spunti da suggerire. Magari polemiche. C'è poco anche qui. È pochissimo il forfait di Paul Newman, ancora meno quello di Madonna - che pur di non venire a Sanremo ha preferito duettare con una formazione che non esiste, la cartoon-band dei Gorillaz - per non parlare di Zucchero, infuriato per l'esclusione della figlia, che con il suo no ci ha privato dell'arrivo di Fats Domino, il più grande esponente vivente del "crossover" di musica centrato su New Orleans. Certo, ci sarebbe da dire di "Musica e speranza", la canzone scritta da Gigi D'Alessio e Mogol, affidata ai Ragazzi di Scampia guidati da Gigi Finizio. La canteranno in napoletano o in italiano? Per ora il principale dilemma è questo.

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