Il mio sogno segreto?
Hanno detto di lei: «Qualunque verso declami, la sua voce è pura emozione». Ha iniziato la carriera teatrale con maestri come Gigi Proietti, Antonio Calenda, Julian Beck del Living Theatre. Ma anche al cinema ha esordito alla grande, nel 1967 con «Questi fantasmi» di Renato Castellani, nel 1969 con «Medea» di Pierpaolo Pasolini, e fra i più recenti: «Sogni d'oro» di Nanni Moretti, «Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica» di Lina Wertmuller, «Il vestito da sposa» di Fiorella Infascelli, «L'ora di religione» di Marco Bellocchio, interpretazione che l'ha premiata con il David di Donatello. E da non dimenticare: «Storia di Piera», scritto a quattro mani con Dacia Maraini e diretto da Marco Ferreri, dove l'attrice ha avuto il coraggio di raccontare sul grande schermo la sua stessa vita. Come è iniziata la sua carriera? «Nel modo più classico: con l'iscrizione all' Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio d'Amico, che ai miei tempi era molto selettiva. Sono stata bocciata al primo esame». E come ha reagito? «Dapprima con delusione. Però mi sono detta: non voglio rinunciare al mio sogno. Così ho continuato a studiare, a fare provini, a lavorare su campo. Ho avuto la fortuna di affiancare Julian Beck, di fare gavetta nei "teatri-cantine" dell'avanguardia degli anni sessanta, con Manuela Kustermann, Giancarlo Nanni, di frequentare intellettuali come Alberto Moravia, Pierpaolo Pasolini. Con loro si parlava di tutto: letteratura, storia, politica, i nostri incontri erano "teatro vivo"». Oggi però si sta dedicando soprattutto al cinema, è un tradimento del primo amore? «È una sfida: per dimostrare che il cinema italiano ha ancora parti da offrire ad attori e attrici che hanno alle spalle una preparazione seria, e non soltanto facce rifatte e senza rughe». Che rapporto ha avuto con il cinema agli inizi della sua carriera? «Privilegiato: ho avuto la fortuna di lavorare con registi come Luigi Zampa, Pierpaolo Pasolini, Lina Wertmuller, Marco Ferreri, Marco Bellocchio, tutte esperienze indimenticabili». E adesso, su quali set è impegnata? «In questo momento sono tre. Uno è con Giuseppe Tornatore, abbiamo appena iniziato a girare a Trieste. Un altro è un film in costume che sto tutt'ora girando in Sicilia con Andrea Giordana. È tratto da un racconto di Emanuele Giliberti, che ne cura anche la regia. Un terzo è un film a episodi, degli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia diretti da Paolo Virzì. Mi era anche stata proposta una fiction televisiva, ma ho dovuto rinunciare: non ho ancora il dono dell'ubiquità». Allora un'attrice impegnata come lei non disdegna la fiction. «Tutt'altro. È solo un discorso di scelte di qualità. Recentemente ho interpretato il ruolo di un avvocato nella serie: "Diritto di difesa", con Remo Girone, Giulio Base, Martina Colombari. Erano storie credibili, vere, in cui la gente poteva riconoscersi: questo è importante». Quanto, della propria esperienza di vita, un attore si porta dentro quando interpreta una storia? «L'esperienza personale è sempre importante: affina la sensibilità, ti predispone ad accostarti con attenzione a un personaggio». È sempre stata convinta delle sue scelte di vita? «Secondo me ci sono due tipi di vite: quelle che non vengono intaccate dalle "disgrazie" e le altre, come la mia. La scomparsa di mia madre, quella del mio giovane compagno per un incidente, una malattia come il tumore che mi ha tormentata per anni, mi hanno segnato profondamente, ma non ho lasciato che mi annientassero. Sono riuscita a guarire da tante cose: la salute dell'anima coinvolge quella del corpo, e anche le disgrazie dovrebbero aiutarci ad affrontare nuove sfide. E questo vale per tutti: vecchi e giovani». A proposito di giovani: un consiglio ai tanti affascinati dal suo mestiere? «La prima cosa da dire è che non si può pensare di partecipare a un "talk-show" o fare la velina e poi automaticamente diventare attori. Questo