Fa ridere Carrey caduto in disgrazia
QUALCUNO ricorderà, alla fine dei Settanta, una commedia di Ted Kotcheff, «Non rubare... se non è strettamente necessario», interpretata con brio da Jane Fonda e da George Segal. Era la storia di un ricco che, rimasto senza lavoro, e perciò senza soldi, se li guadagnava compiendo delle spericolate rapine in combutta con la moglie. Facendola franca. Il film di oggi è un suo rifacimento, scritto da Judd Apatov che, appena ieri, ci si è proposto come regista con «40 anni vergine», e diretto da Dean Parisot di cui, nei Novanta, si è visto un film di fantascienza comico intitolato, anche nella sua versione italiana, «Galaxy Quest». L'impoverimento del protagonista, che qui si chiama Dick Harper ed è un altro funzionario di una società industriale, è adesso motivato da uno scandalo finanziario probabilmente suggerito da quello recente della Enror, di cui tanto si è parlato negli Stati Uniti anche per il numero eccezionale delle sue vittime. Da un giorno all'altro il povero Dick, avvezzo, con la moglie, a tutti gli agi possibili, si ritrova, quasi alla lettera sul lastrico. Prima tenta delle strade, tutte oneste, perché è una brava persona, poi finisce per imboccare quello del crimine. Con una serie di rapine che, sempre in compagnia della moglie, lo trasformano in una sorta di Bonnie e Clyde; senza spargimento di sangue. A un certo punto, però, ecco un'idea diversa. Anziché gli assalti alle banche, con maschere in faccia, una truffa alla grande che, fra l'altro, metterà nel sacco proprio quel titolare della società industriale fallita a causa delle sue malversazioni. A differenza dell'altro film, tuttavia, in cui il furto pagava e basta, qui, nel finale, ci sarà una bella distribuzione di denaro a quanti erano state vittime del crollo provocato dal disonesto finanziere. Il divertimento c'è: non solo per la dinamica di tutte quelle rapine più o meno sempre maldestre e poi per il meccanismo ansioso di quell'operazione finanziaria che pareggerà i conti con il responsabile di tutto, ma perché, nei panni di Dick, c'è Jim Carrey meno multiforme del solito, ma sempre in grado di abbandonarsi a scherzi e lazzi qualcuno anche irresistibile perfino in quella prima parte in cui dovrebbe regnare solo lo sconforto. Gli dà la replica, nei panni della moglie, Téa Leoni, che non ha il fascino di Jane Fonda, ma che non sfigura troppo a confronto. Anche se priva di malizie. Il «gran cattivo» alla fine beffato è Alec Baldwin, barbetta grigia, modi autoritari, Sembra che, nei tratti, sia sia ispirato a uno dei caporioni della Enron.