La Comencini conquista Los Angeles
Tratta dall'omonimo romanzo di Cristina Comencini, anche regista della pellicola, la storia narra di una giovane donna che, mentre aspetta un figlio, ritorna indietro nei suoi ricordi: nella sua famiglia, borghese e severa, nella quale si consumavano oscure ritualità che degeneravano in veri e propri abusi infantili, compiuti dal padre sui figli Cristina Comencini, come è nata l'idea di questa storia? «La tragedia greca compare qua e là nel mio romanzo: il personaggio greco sente di essere «agito» da forze superiori alla propria volontà. In noi c'è l'illusione di avere rinchiuso la nostra bestia per sempre. Invece, esiste l'inconoscibile con la sua pericolosità. I protagonisti della mia storia si sentono «agiti» dal desiderio e s'interrogano come i loro fratelli antichi, in un cammino a ritroso, come succede al fratello e alla sorella che devono fare i conti con i genitori morti: loro popolano i loro incubi e la potenza del sogno si mostra nella sua capacità di svelare. «I morti uccidono i vivi», dice un servo nella tragedia di Eschilo. La famiglia di oggi non può che costruirsi sulle rovine di quella che l'ha preceduta. E' il destino di Oreste e Elettra, fatto dalle colpe del padre e dal sangue della sorella di cui si è macchiato». Il passaggio dal romanzo al cinema è stato naturale? «Non ho mai inserito il cinema nei miei romanzi. Il cinema, che ha fatto entrare l'Italia del dopoguerra nella modernità, in questo romanzo ha voluto esserci e la mia generazione è riuscita ad abbattere gli steccati tra cinema e letteratura. Se il criterio agli Oscar è quello di far conoscere la cinematografia italiana all'estero il mio film era sicuramente il più adatto. Ne è stata una riprova il successo dell'anteprima che c'è stata a Los Angeles. Oltreoceano, nessuno conosce i registi italiani, nemmeno i più famosi e di questo ha colpa un governo che da anni si è disinteressato alla promozione dei nostri film all'estero». Il suo successo è doppio visto che le registe sono pochissime. «È vero, in Italia, come nel resto del mondo e persino in America. La società occidentale si fa sfregio della femminilità ed è organizzata intorno alla negazione della femminilità. C'è un'involuzione della donna nei lavori direttivi. Da un lato, perché la donna ha una doppia responsabilità, in famiglia e sul lavoro, e dall'altro perché forse la donna ha paura del comando, in una società che la esclude dalla carriera quando fa i figli». Nei suoi progetti cinematografici c'è un film su Schumann? «Vorrei realizzare un film sulla vita di Clara Wieck in Schumann. Sarà in costume, è intitolato «La mia mano destra», ed è tratto dal mio omonimo romanzo dal quale è stata già scritta la sceneggiatura da Frederic Raphael, in passato collaboratore di Stanley Kubrick. La storia è quella del matrimonio Schumann, una coppia di talenti in cui si rovesciano i ruoli: il marito è un grande artista squattrinato e Clara smette di comporre per fare la pianista e guadagnare qualcosa. Il loro è un matrimonio antico e moderno, dove è la donna con tanti figli a mandare avanti la famiglia».