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È la rivincita della cultura del Sud ma non ci sarà dialetto stretto

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Il programma coniuga le atmosfere del vecchio varietà ai ritmi teatrali in una commistione arricchita dalla presenza di grandi ospiti. Si inizia con Massimo Ranieri, Giorgia, Mike Bongiorno, Alena Seredova e Teo Teocoli. Si continua nella seconda puntata con Sophia Loren. Vincenzo Salemme, reinventore di una napoletanità che risente degli insegnamenti di Eduardo De Filippo con cui ha iniziato a muovere i primi passi sui palcoscenici teatrali, racconta il proprio excursus professionale svelando le motivazioni che lo hanno convinto a dedicarsi in Tv, al varietà piuttosto che alla fiction. In una Tv molto nordista, lei sta per riproporre atmosfere napoletane assenti da troppo tempo. Non crede che il suo show potrebbe apparire troppo sbilanciato verso il dialetto partenopeo? «Innanzitutto preciso che la cultura napoletana è internazionale ed il mio programma vuole rappresentare il recupero della più schietta tradizione popolare della gente del Sud. Io proporrò un linguaggio comprensibile, secondo le indicazioni del produttore Bibi Ballandi, agli spettatori di tutt'Italia. E, traendo spunto dalle commedie teatrali da me scritte nella mia carriera, riadattate con un linguaggio e con dei tempi prettamente televisivi, cercherò di coniugare più generi, persino la sit com ed il reality show». Intanto il sette febbraio arriverà anche al teatro Sistina di Roma con il suo spettacolo teatrale «La gente vuole ridere ancora». Quali sono i contenuti? «Questa commedia da me scritta circa dieci anni fa ed attualmente rielaborata, ha anticipato il reality show. Racconta di un gruppo di attori che, perso il proprio teatro, sono ospitati da una vecchia contessa un po' matta proprietaria di un teatro. In cambio di vitto ed alloggio, la nobildonna chiedeva di poterli osservare 24 ore su 24». Lei sarà il nuovo partner di Massimo Boldi nel film di Natale 2006 dell'attore separatosi da Christian De Sica. Quanto è importante il cinema nella sua carriera? «Sento di poter dare ancora molto al cinema, al quale sono arrivato tardi e che è nei miei obbiettivi futuri. Sto cercando nuove forme di collaborazione sia con sceneggiatori ed attori che con altri registi. In Italia ne abbiamo molti di grande professionalità. Stimo molto, ad esempio, Muccino, Andò, Pieraccioni, Infascelli». Ha mai pensato di potersi dedicare anche alla fiction genere molto popolare sul piccolo schermo? «Pur apprezzando i contenuti del racconto televisivo attuale, non mi sento adatto per il genere. Non riesco ad inserirmi in progetti troppo confezionati come sono le fiction per la Tv. Ho bisogno di dare sfogo alla mia creatività, improvvisando». In quale maniera crede di aver contribuito a reinventare una napoletanità più moderna? «Mi ritengo parte integrante di una cultura partenopea che ogni artista interpreta in maniera personale. Io lo faccio attraverso me stesso, il mio linguaggio, i tic, le nevrosi e le paure del personaggi che porto sul palcoscenico. Sono le nevrosi e le paure di tutti in cui il pubblico si riconosce». Quali sono invece, le sue personali paure? «Quel che mi angoscia di più è il pensiero di poter perdere le persone che amo». Una paura che potrebbe essere stemperata dalla fede in un'esistenza al di là della morte. «Io credo che tutto quello che abbiamo è su questa terra. Chiamiamo Dio la nostra coscienza, le nostre buone azioni, la maniera di amare e rispettare il prossimo anche in condizioni difficili. Il paradiso esiste solo nell'utero materno». Come si è accorto del suo sens of humour? «La vena artistica è innata. Fin da bambino mi rendevo conto che mi bastava raccontare solo qualche storiella per divertire i miei compagni. Ho cominciato così a coltivare l'arte di far ridere per farmi accettare meglio, consapevole che la comicità suscita simpatia». Che tipo di telespettatore è Vincenzo Salemme? «Per la Rai ho apprezzato "Ballando con le stelle" e seguo Fabio Fazio. Per Mediaset la mia preferenza va a "Strisc

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