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Divorzio all'americana

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Anzi, ogni pellicola è un mito. E questo senza mai seguire una moda o rilanciando formule sicure, ma tentando una continua sperimentazione. E oggi come sempre, a settant'anni suonati (li ha compiuti lo scorso primo dicembre), Woody ha voglia di cambiare il cinema e, se gli riesce, anche un po' di mondo. Non come un missionario, ma facendo decorosi guadagni. Anche perché, come ha detto una volta: «Se il denaro non può dare la felicita, figuriamoci la miseria!» Tra qualche giorno (il prossimo venerdì) arriva nelle sale italiane il suo nuovo film: «Match point», una pellicola che, presentata al Festival di Cannes, ha strappato scroscianti applausi in Francia e più di una perplessità negli Stati Uniti. Ma, ormai appare chiaro, il divorzio tra Woody e gli Usa è cosa fatta. Sul gradimento della pellicola una battuta su tutte, quella del collega Terry Gillian, che ha parlato di un film «a livelli altissimi». Le perplessità invece riguardano il fatto che sia la seconda volta consecutiva (la sesta su tutta la sua produzione, 40 film da regista), nella quale non appare come attore. Woody agli americani è piaciuto sempre più come comico che come regista. Bene, la sua risposta è: «Beccatevi due film nei quali sto rigorosamente dietro la macchina da presa». A lui piace spiazzare le persone. «Sono contrario ai rapporti prima del matrimonio - ha detto una volta, e sembrava serio - fanno arrivare tardi alla cerimonia». Woody, in quarant'anni di carriera, ha smontato, rimontato e rivoluzionato il più glorioso gioiello del cinema Usa: la commedia all'americana. Oggi continua la sua opera. Stupendo tutti, forse qualche volta anche se stesso. «Lo sai che cos'è l'invidia del pene?», gli chiede una donna in uno dei suoi film e lui risponde: «Certo, sono uno dei pochi maschi che ne soffre». In patria non pochi hanno storto il naso perché questo suo ultimo film, appunto «Match Point», è stato girato tutto nel Regno Unito. D'altronde Woody l'aveva detto chiaro e tondo nel finale di «Hollywood ending», del 2002: «Mi sanno apprezzare solo i francesi e in generale gli europei». Detto fatto, i film successivi li ha girati in Gran Bretagna. E visto che la cosa ai cultori di Hollywood non è piaciuta insiste e rilancia: ha appena preso accordi con la casa di produzione spagnola Mediapro (la stessa che ha coprodotto il documentario di Oliver Stone su Fidel Castro «Comandante») per girare in Spagna il suo prossimo film. Allen ha così rimandato ancora una volta il suo rientro in patria, allontanandosi dalle pressioni delle major americane. La pellicola, ancora senza sceneggiatura, sarà realizzata in lingua inglese con attori spagnoli e internazionali. «Sono contento - ha affermato il regista - di andare a lavorare in Spagna, un paese a cui mi sento sempre più legato». Nel 2002 la città spagnola di Oviedo ha dedicato ad Allen una statua e due anni fa il regista di Manhattan aveva deciso di presentare in anteprima mondiale al San Sebastian Film Festival la sua pellicola «Melinda e Melinda». E la statua gli deve essere piaciuta, sicuramente di più dei tre Oscar che ha vinto durante la sua carriera, visto che dichiara tanto amore per la Spagna. D'altronde Allen è apprezzato e corteggiato dalla colta New York dove è nato, ma gli Usa nella loro totalità lo hanno spesso guardato con scarso interesse. L'ultimo film che ha interpretato, «Anything Else», del 2003, in tutti gli States ha incassato in totale 3.219.000 dollari. Sapete nello stesso anno quanto realizzò «Honey», filmetto senza pretese con Jessica Alba? 30 milioni di dollari. Sarà vero che l'amore non si misura in cifre, ma è roba che può mandare dallo strizzacervelli. «Vai dallo psicanalista?», chiese una volta un amico ad Allen. «Sì - rispose lui - da 15 anni. Adesso gli do un altro anno di tempo e poi vado a Lourdes». Insomma, parliamoci chiaro: nei raffinati circoli newyorkesi il rare

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