Figurine, passione antica
Ma il cult del momento è rappresentato dai campioni del wrestling, icone della violenza che non fa male, taroccata e innocua fisicamente ma forse dannosa dal punto di vista educativo. Il mercato delle figurine non conosce crisi, sicuramente avvantaggiato dal fatto che i consumatori cambiano di anno in anno, per ragioni anagrafiche, e i nuovi si sentono incoraggiati dai genitori, che nelle figurine riscoprono nostalgie legate al passato. Perché è da molte generazioni che i bambini si divertono con questo piccolo passatempo che accompagna anche l'evoluzione del costume. Al punto da offrire una testimonianza sul passato: sui gusti, le abitudini, i canoni educativi, i miti, i beniamini, il folklore. Al punto da meritare un museo. Entro la fine di quest'anno riaprirà i battenti, a Modena, la città di Panini, il museo che l'imprenditore mise in piedi all'interno della sua azienda. Quando, nel 1992, la famiglia Panini cedette la proprietà all'editore Maxwell, fu deciso di donare la collezione alla città di Modena. Sono occorsi più di dieci anni per rimettere in ordine le collezioni e riorganizzare il percorso seguendo i criteri della museografia e della museologia. La nuova sede è nello storico Palazzo Santa Margherita, in grado di ospitare quasi un milione di pezzi, molti dei quali rarissimi, risalenti al XIX secolo. Sarà un punto di incontro per i ragazzi, i genitori in cerca a caccia di ricordi, ma anche degli studiosi di tutto il mondo. Quella delle figurine è una storia lunga quasi un secolo e mezzo. Fu un certo Aristide Boucicat, proprietario dei Grandi Magazzini Au Bon Marche di Parigi, ad avere per primo l'idea di stampare questi rettangoli di cartoncino, stampati a colori da distribuire ai bambini che accompagnavano le mamme a fare acquisti. Era un modo per invogliarli a tornare nel negozio, facendo pressioni sulle rispettive madri. L'esperimento ebbe esito positivo, e molte altre aziende si precipitarono a seguire l'esempio. L'azienda che per prima ne fece un veicolo pubblicitario in tutto il mondo fu la Liebig, per propagandare il proprio estratto di carne. Nell'arco di un secolo, la Liebig ha prodotto, per il solo mercato italiano, quasi duemila serie di figurine. Da pochi anni, la produzione è ripresa, da quando la Liebig è stata assorbita in Italia da una delle aziende leader nella produzione della pasta alimentare. Nei primi decenni, le figurine Liebig rappresentarono - nel loro insieme - una specie di enciclopedia per i ragazzi. Le varie serie offrivano disegni e didascalie sul mondo animale e su quello vegetale, sulla scienza, sui popoli e le nazioni, sulle vite di illustri personaggi, e persino immagini di "storia sacra e profana". Durante la Prima guerra mondiale in Inghilterra fu sospesa la produzione di figurine della Liebig, e di altre case per timore che le uniformi e gli emblemi dei vari reggimenti, oggetto di alcune serie specifiche, potessero fornire allo Stato Maggiore tedesco materiale atto a riconoscere i reparti nemici. La stessa sorte subì una serie dedicata a Napoleone nel centenario della battaglia di Waterloo, ritirata per non urtare gli alleati francesi. A metà degli anni Trenta, gli italiani impazzirono nella ricerca del Feroce Saladino, la figurina introvabile della collezione dei «Quattro Moschettieri» emessa dalla Perugina, sponsor della trasmissione radiofonica omonima di Nizza e Morbelli. La rarità del Feroce Saladino dipese da un ritardo nella consegna di quella figurina (la raccolta ne comprendeva cento) da parte del disegnatore Angelo Bioletto. Il successo della trasmissione - e quello parallelo delle figurine - fu uno dei primi esempi di "multimedialità" nel nostro Paese. Nell'ultimo dopoguerra le figurine imboccarono una strada diversa. Continuarono ad essere utilizzate come strumento pubblicita