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PRIMA VISIONE

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«Lady Vendetta» ha qualche pecca

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Cinema coreano, la vendetta. La porta avanti quel Park Chan-wook che, sul tema, ci aveva già dato «Mr.Vendetta» e, di recente, «Old Boy». Oggi conclude la trilogia con «Lady Vendetta» sostituendo però ai due personaggi maschili al centro degli degli altri film, un personaggio femminile, Lee Geum-ja che ci presenta all'uscita da una prigione dove l'hanno rinchiusa per infanticidio. Presto, però, ne apprendiamo la vera storia. Era incappata in un insegnante dall'aria tranquilla che era, in realtà, un mostro. Uccideva bambini in serie, solo perché li odiava. L'aveva sempre fatta franca ma un giorno era finito tra le maglie di un'inchiesta; per uscirne, aveva rapito la figlioletta di Lee Geum-ja minacciando di ucciderla se lei non si dichiarava unica responsabile dell'omicidio di cui cominciava a essere sospettato. Naturalmente la donna, per amore della sua bambina, si era piegata e si era vista comminare quindici anni di carcere. Adesso, appena uscita, medita la sua vendetta. Ci arriverà soltanto alla fine, convocando al momento di tirare le somme tutti i genitori dei bambini uccisi dall'insegnante, facendolo trovare loro davanti legato e imbavagliato e invitandoli a ucciderlo, infierendo su di lui uno dopo l'altro. Senza tenersi però con sé la figlia, che intanto aveva ritrovato in Australia adottata da due bravi coniugi, perché, dopo quella sua impresa tanto atroce, non si sentiva più degna di lei. Molti meriti, ma anche qualche pecca. Intanto, fra i meriti, i modi di rappresentazione. Senza essere quasi surreali come in «Old Boy», si tengono spesso in equilibrio fra il realiasmo duro e l'immaginazione. Sul versante del realismo, la pagina più tesa e angosciante è quella, pur molto insistita, della vendetta collettiva, i parenti delle piccole vittime da una parte e il mostro dall'altra. Affidata a immagini forti, figurativamente perfino preziose. Sul versante dell'immaginazione, molti ricordi, specie quelli della vita in prigione, si alternano al resto con qualche incisività, ma qui, dal punto di vista narrativo, si affastellano troppi temi, troppi personaggi e troppe situazioni di contorno che non solo intralciano la logica del filone vendetta ma ne smorzano il clima pur destinato a procedere in crescendo verso quella conclusione terrificante. Basta però questa conclusione e il disegno sempre ben preciso di quella protagonista lacerata e stravolta per dare un senso al film. Con la consapevolezza che anche questa terza puntata di Park Chan-wook sulla vendetta potrà ottenere consensi. Sia pure con qualche riserva. Nessuna riserva, invece, per l'interpretazione di Lee Young-ae nella parte del titolo. Un'autentica Lady Macbeth d'Oriente.

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