Nostalgia
del fumo
La sigaretta in mano, d'improvviso ti rende meno solo. Se pure il cuore è triste e la mente affogata di pensieri, gli occhi di uno che fuma vanno per conto loro. Guardatevi intorno, e, se siete curiosi, non smetterete d'appassionarvi alle storie che narrano le sigarette bruciate in fretta. Oggi di più. Con le impiegate fuori dall'ufficio, strette nel petto a fumare fuori, perché dentro è proibito. Guardategli gli occhi e capirete perché fumare è bello. Dicono che è un vizio e che dà dipendenza. Dovunque ti giri, trovi uno che ti dice di smettere, comincia a raccontarti la sua esperienza di ex fumatore, ultimo il Funari da Bonolis, drammaturgo d'operetta che ha implorato i giovani: non fumate perché le sigarette uccidono. A lui, che dice di star morendo, e che ha ripreso ad accenderle pur dopo un intervento al cuore, hanno lasciato una bella vigoria, talmente densa da non appannargli la capacità di far denari pesanti a ogni comparsata tv. Si può guadagnare. Anche così. A Funari e a tutti quelli che invocano il trapasso per farti smettere di fumare è inutile ricordare che ciascuno di noi, in quanto nato, va di necessità incontro alla morte. Inutile stare lì a sottolineare che ognuno muore quando il padreterno o chi per lui decide che l'ora deve suonare. Non serve, perché quelli che ti dicono di smettere hanno solo un obiettivo: non pensano alla tua salute, vogliono semplicemente romperti quel po' di equilibrio misurato ogni volta che t'apparti con lei, che, fedele, sta lì nelle tue mani ad aspettare che la consumi senza chiedersi perché. Va di moda fare i salutisti, e allora giù. Tutti perbene. Ma è una recita. Se potessi lasciarmi andare alla nostalgia, direi che non ci sono più i fumatori di una volta. Rinuncio a dirlo così (che è un po' banale) tenterò di spiegarlo in un altro modo. Fino a quando non era vietato, il fumo nei locali e negli uffici confondeva puzze e profumi. Copriva tutto. In una nebbia indistinta che cambiava i connotati al profumo della più bella di turno mischiandolo col bagnoschiuma da quattro soldi che il vicino di banco normalmente dimentica di sciacquarsi di dosso. Tutto puzzava di fumo. E non faceva tutto 'sto schifo. Era così. Fumare non era proibito, alle sigarette era consentito persino consumarsi dimenticate sul posacenere. Che tempi. Le mani un po' gialle, l'alito pesante, i capelli impregnati, i vestiti che più di mezza volta non li potevi indossare. Nella puzza si viveva così. Senza scandalizzarsi d'entrare in un pub a notte inoltrata immergendosi in una nebbia familiare, protettiva e anche un po' puttana. Ma gli igienisti erano in agguato. Aspettavano acquattati il viagra. Gliel'ha dato l'ex ministro Sirchia e loro son lì che se ne cibano come mostri insaziabili. Urlano, denunciano, minacciano di chiamare i carabinieri, spalancano finestre sulla città inquinata per cambiare l'aria se solo s'accorgono che stai violando la legge. Verrebbe di menar giù una bestemmia, ma non si può. Meglio rifugiarsi nel lato buono: abbiamo capito che i fumatori, in quanto viziosi che non hanno paura d'esporsi al giudizio, non temono nemmeno le proprie debolezze. Di loro ti puoi fidare. Dei non fumatori no, non ti puoi fidare perché son lì che aspettano di denunciarti, fan cartello, anche bipartisan,e con la scusa che fumi, ti scaricano addosso tutte le loro frustrazioni. Si sentono sceriffi, hanno trovato la maschera che gli mancava e per loro è sempre carnevale. Il fumatore no. Lui è birichino dentro. Perché ci prova gusto. A fumare dopo il caffè e dopo il sesso. Quando si sente agitato e quando s'emoziona davanti a un tramonto. Non pensa di contaminare l'atmosfera mentre s'accende la sigaretta, si sente un pezzo di natura e col suo fumo abbraccia il sole dandogli appuntamento a un'altra volta. Il fumatore è uno che non si fa illusioni sul destino del mondo e sa che non è smettendo di fumare che lo cambierà. Il fumatore sa cos'è una sfida. Sa che il fumo fa male, ma sa pure che incarognirsi su un peccato serve solo a di