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Carlo Giuffrè: «Starò in teatro fino a cent'anni»

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È un testo che mi dà delle emozioni continuamente. Ogni sera una serata diversa. Per me e per il pubblico. Al teatro Quirino di Roma è proprio una festa. Che soddisfazione. Sono proprio contento. Meglio di così non poteva andare». Il teatro la sua vita? «Certamente si. Preferisco da sempre le tavole del palcoscenico al set cinematografico. Ho sacrificato il cinema per il teatro, sempre». E perché? «Perché sono un uomo di teatro e vivo per il teatro. Ho detto di no a tanti registri cinematografici. Eppure ho girato tanti e tanti film. Solo a Benigni non ho potuto dire di no». Napoletano convinto? «Sì. Sono nato a Napoli qualche hanno fa. Ritorno spesso nella mia città che mi ha regalato tanto. Ero orfano a sette anni e fui letteralmente spedito in collegio. Tutte le attività che proponevano a noi ragazzi erano nei miei interessi. Ricordo quando mi chiesero se volevo fare il teatro. La mia adesione fu totale. Mettemmo in scena una favola e io ebbi il ruolo del primo attore. A 12 anni mi sentivo un po' divo». E poi si trasferisce a Roma? «Sì, vivo a Roma da quando avevo 18 anni. Arrivai nella capitale per studiare all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica. Che bella esperienza. Nel '49 il debutto in teatro con la compagnia di Eduardo De Filippo». Con Eduardo l'incontro che le ha cambiato la vita? «Assolutamente. Il mio primo incontro con il grande Eduardo avvenne nel 1948. Andavo in Accademia un po' assonnato, il mio vero impegno di studio era invece ogni sera al Teatro Eliseo proprio a sentire Eduardo. Voleva dire assumere immediatamente tutto quello che di magnifico sentivo recitare in quel teatro. Eduardo mi ripeteva e ripeteva sempre: "Ragazzi che state facendo, state recitando? Non dovete recitare. Chi recita rimane fuori, non vive la parte". E quello è stato per me sempre un grande insegnamento. Proprio come ogni sera mi succede ne "Il medico dei pazzi"». Come vede il suo futuro? «Teatro, teatro, teatro fino a quando ce la farò. Spero fino a cent'anni».

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