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Von Sydow incoronato imperatore di Capri

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Il 76nne attore svedese, protagonista di vari film-culto di Ingmar Bergman e interprete di grandi successi degli Studios di Hollywood («L'esorcista», «I tre giorni del condor») ha ricevuto ieri sera il Legend Award della manifestazione caprese, che il patron Pascal Vicedomini ha felicemente condotto alla sua decima edizione. Assieme al mitico protagonista di capolavori come «Il settimo sigillo» e «La fontana della vergine» Capri-Hollywood ha festeggiato, fra gli altri, la grande attrice britannica Helen Mirren, (un Globe Award e due nomination all'Oscar) di cui è molto attesa l'interpretazione della regina Elisabetta II in «The Queen» di Stephen Frears; suo marito, il regista Taylor Hackford («Ray») l'autore Michael Radford («Il postino», «Il mercante di Venezia») che a gennaio darà il via alle riprese del thriller «Flawless», con Demi Moore e Michael Caine; lo sceneggiatore Vincenzo Cerami («La vita è bella» su tutti), la costumista, premio Oscar, Gabriella Pescucci e, ancora, Giuliano Gemma, Leopoldo Mastelloni, Ron (assai applaudito il suo breve concerto unplugged), Angela Luce, ancora capace di straordinarie fioriture vocali. Ma, ieri, il grande festeggiato di Capri-Hollywood è stato Max Von Sydow, recente interprete dell'imperatore Tiberio nel film di Giulio Base «L'inchiesta» (la versione tv in due puntate andrà, l'anno prossimo, su Raiuno). «È la prima volta che vengo a Capri e ora capisco la scelta di Tiberio che volle passare qui gli ultimi anni della sua vita - ha commentato l'attore svedese - "L'Inchiesta" prende il titolo dall'indagine sulla resurrezione di Gesù, che l'imperatore romano fece svolgere in Palestina dai suoi migliori detectives. È un'opera dai contenuti spirituali. Del resto, già con Bergman avevo recitato in film dai soggetti spirituali». A quale film di Bergman si sente più legato? «"Il settimo sigillo" è stato il primo e, forse, per me, rimane il più importante. Ma tutti i film in cui mi ha diretto Bergman sono un capitale della mia vita. Devo tantissimo a Bergman, che considero il più grande fra tutti i bravissimi registi con cui ho lavorato». È vero che Bergman criticò la sua decisione di trasferirsi a Hollywood, al servizio del cinema di cassetta? «No, Bergman ha sempre rispettato le mie decisioni. D'altra parte, anche in Svezia avevo preso parte a dei film commerciali. Fortunatamente, nella mia vita ho avuto tante occasioni: ho recitato nei capolavori e in film di cassetta. Ci sono opere di cui sono orgoglioso e altre che non rifarei, ma non vi dirò quali sono». Pensa che vi sia ancora un pubblico per grandi autori come Bergman? «Certamente. Il pubblico ama le storie sulla gente vera, non solo quelle sui robot o sui mostri. Il problema è di presentarle in modo giusto alla gente. Invece, troppo spesso i produttori si preoccupano solo degli incassi e per niente della qualità dei film. Credo che ogni Paese dovrebbe sostenere la realizzazione di film artistici e non dare spazio solo a pellicole basate sulla violenza o sul sesso».

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