Il jazz scalda l'Umbria nel segno di Django Reinhardt
Bene, anzi benissimo, ha fatto Carlo Pagnotta, direttore artistico del festival, ad invitare un bel gruppo di zingari manouche, o presunti tali, ad esibirsi per la prima volta in Italia. Il successo ha superato ogni più rosea aspettativa. Pubblico in delirio in un gremitissimo Teatro Mancinelli, per ascoltare una dozzina, fra chitarristi e violinisti, tutti innamorati pazzi di quel particolare stile inventato settant'anni fa da Django Reinhardt e Stephane Grappelli. Sull'onda del rinnovato interesse per quel periodo della storia del jazz, che passa sotto la denominazione di "swing era", il pubblico presente ad Orvieto ha dimostrato di gradire non solo la musica di Lockwood e di quel meraviglioso chitarrista che è Bireli Lagrene, che a quello stile si ispirano, ma di apprezzare le splendide capacità tecniche ed inventive di questi due grandi solisti e dei loro partners. Un discorso a parte merita Bireli Lagrene. Zingaro come Django e Chistian Escoudé, altro chitarrista che si è esibito ieri sera, è possibile definirlo come il più grande chitarrista jazz, ripetiamo jazz, del momento. Perché Bireli è riuscito, ispirandosi a Django, a rinnovarne il linguaggio ed a renderlo attuale rimanendo sempre legato alle forme più genuine del jazz senza contaminazione alcuna, fatto assai raro nell'attuale momento della storia del jazz. A differenza di Lagrene, Lockwood, Escoudé, Angelo Debarre, anche lui straordinario chitarrista, la contaminazioni è invece di casa nella musica del colombiano Edmar Castaneda, solista di arpa strumento quasi mai utilizzato nel jazz, se non, in anni passati, da Adele Girard e più recentemente da Corky Hale che erano riuscite ad adattarlo, con grande capacità, al jazz. Scoperto dallo scrittore Enzo Capua, autore di un bel libro, presentato al festival, sulla vita a New York, Castaneda si è esibito nel corso di un concerto mattutino al Museo Emilio Greco. Essere in grado di improvvisare sull'arpa frasi jazzisticamente compiute non è certo facile, Castaneda sembra esserci riuscito grazie anche alla complicità del batterista David Silliman e soprattutto del solista di trombone Marshall Gilkes di cui sentiremo sicuramente parlare in un futuro assai prossimo. Fra gli italiani, il sempre più bravo Francesco Cafiso che si è esibito con tre musicisti di altissimo livello, Joe Locke al vibrafono, George Mraz al contrabbasso e Lewis Nash alla batteria, dove ha ulteriormente dimostrato le sue grandi capacità interpretando musiche per lui nuove, composte da Joe Locke e il gruppo High Five con Fabrizio Bosso e Daniele Scannapieco.