La leggenda della mano di Dio
Marco Risi sta per ultimare le riprese del film sulla sregolata vita di Maradona
Perché Maradona sono io! Sono mancino come lui, da piccolo giocavo al numero 10 e già mi chiamavano "Maradonino", parlo spagnolo come una seconda lingua ed in più gli assomiglio molto. E così, quando mi sono presentato a Marco Risi parlando in spagnolo, il ruolo è stato mio!» «È andata proprio così - conferma il regista - dopo aver visto in Argentina una serie di semplici sosia, abbiamo incontrato Marco, che in più è un bravo attore, e la scelta è caduta subito su di lui. Per fortuna, perché è andata benissimo!». Per Leonardi, recentemente visto in «Mary» di Abel Ferrara, una carriera iniziata giovanissimo con «Nuovo cinema paradiso» di Giuseppe Tornatore, il ruolo di Diego Armando Maradona «dai 18 anni fino ad oggi» è una prova d'attore estremamente impegnativa. Il pericolo, dovuto proprio alla grande somiglianza tra l'attore e il campione, era quello di un'imitazione del "Dieguito" originale, piuttosto che di una sua reinterpretazione. «Una trappola evitata con la massima naturalezza, da parte mia, grazie al tentativo di "sentirmi" lui, piuttosto che nel copiarlo. Al punto che in Argentina (il film, cui mancano ancora tre settimane di riprese, è stato girato a Buenos Aires e Napoli e Barcellona) tutti quelli che lo conoscevano mi hanno fatto tantissimi complimenti. Per entrare meglio nel personaggio Maradona, nelle sue fragilità, nella sua lealtà, ho avuto l'aiuto del suo migliore amico, Goyo, un ex calciatore che aveva cominciato con Diego ma che poi ha dovuto smettere a causa della frattura di una gamba. Con i suoi suggerimenti, credo di avercela fatta. Spero che Maradona, che muoio dalla voglia di incontrare di persona, sarà contento di me». Ma il vero Maradona è d'accordo con il film ? «Maradona ha firmato un accordo con i coproduttori spagnoli (la produzione italiana è guidata da Elide Melli ndr), per il quale è stato pagato. Io ci ho parlato a lungo - sottolinea Marco Risi - così come ho parlato con la sua ex-moglie, Claudia, che oggi ha sostituito nel ruolo di agente di Diego il chiacchieratissimo Guillermo Coppola. Ora che è uscito dal tunnel della rovina fisica e psichica, la paura di Maradona non è solo quella di rivedersi com'era nel periodo più buio della sua vita, che costuituisce almeno il sessanta per cento del film, quanto il fatto che anche le sue figlie siano d'accordo col progetto. Da quel lato, la paura maggiore di Claudia è che le figlie che ha avuto da Diego possano chiederle qual è stato il suo ruolo durante la discesa agli inferi del loro padre. Per quanto riguarda "il film" in sé, Maradona mi ha ribadito che io "dovevo farlo". Ne capisce l'importanza, e forse anche la lusinga, al punto che mi ha chiesto di apparire di persona alla fine del film per mandare un messaggio. Di cui non posso svelare il contenuto se non anticipare che non si tratterà di un semplice e prevedibile spot antidroga». Risi, perché un titolo come «La mano di Dio»? «Perché fu proprio Maradona a dirlo, quando segnò il suo gol più famoso anche se non il più bello, di mano, contro gli inglesi che avevano schiantato l'Argentina alle Falkland. Rivelò che a segnare era stata non la sua ma la "mano de Diòs". Un titolo perfetto». Un grande campione, ma anche un uomo estremamente fragile, vittima della droga, con molti contatti persino con la camorra. Che ritratto uscirà dal suo film di Diego Maradona? «Un ritratto autentico, anche se sono proprio le fragilità dell'uomo che mi interessano più da vicino. Per questo il film è ricco di scene molto forti. I primi contatti con la droga Maradona li ha avuti nel 1982, quando era ancora al Barcellona. Poi, qui da noi, le cose si sono aggravate, ma i contatti con la camorra (nel film, Pietro Taricone è il camorrista-pusher del campione) per lui sono sempre stati gestiti con grande i