I desideri segreti dei bambini
E il Natale, su ogni altra festa. I bambini sono egoisti, al paro dagli adulti, ma senza quel controllo dell'apparenza. Nella virginale loro ingenuità trionfa, minuscolo Bacco infervorato, l'istinto del possesso, l'esigenza imperiosa di ridurre ad asservimento il mondo intiero: pizzicando le corde della fragilità, dell'accondiscendenza condizionata alla contropartita d'un piú autorevole dominio sul territorio: e sui cuori circostanti. Il Natale si delinea sotto questo profilo come l'apoteosi dell'infanzia. È qui che s'instaura un dialogo delizioso, e pur grave di tematiche trascendenti, tra l'età rosea e l'effigie vitrea dell'Assoluto: di fronte ad una platea d'adulti a giusto titolo ammirati e commossi. I bambini credono nel Bene identificandolo con Dio, ed agguagliano la sua signoria alla loro: vi trattano da pari a pari, scorgendovi i medesimi, od assai analoghi, caratteri e caratteristiche. A fine d'anno, semel in anno, il Bene supremo assume agli occhî di quasi tutti i bambini - eccettuati coloro che sono da i genitori avviati ad un'immisericordiosa razionalità: scaturigine di chiarezza e cocenti disinganni, di fiera solitudine e pathos rappreso - la forma di Babbo Natale. Con cui colloquiano come con un maestro-zio: con cui è conceduta, per súbito istinto e volontà arcana, familiarità, ed esatto profondissimo rispetto. Non tanto negli adulti confida l'infanzia quanto nella loro sublimazione: ad esempio, perlappunto, in Babbo Natale. Al quale ecco che cosa scrivono nelle letterine pubblicate su un libretto a sostegno dell'Unicef intitolato «Caro Babbo Natale» (pgg.171, euro 10). «Se vuoi un aiutante ti mando mio nonno Mimmo», ove traluce il perfido struggimento di liquidare detto nonnetto. «Vorrei che i poveri fossero come tutti noi che abitiamo a Bordighera», ove la cittadina ligure agli occhî dell'indigeno piccirillo assurge a corrusco Olimpo. «Non è che ai bambini italiani dai il regalo e a quelli iracheni no?», ove il senso della giustizia urta contro una palese ingiustizia di cui il bambino irresoluto non sa ch'indiziare. «Io credo che il Babbo Natale sia mio papà, e ne sarei molto felice», ove la fiaba ed il crudo vero sono in procinto di drammaticissimamente divaricarsi ed il pargolo al bivio si dice «felice» nel mentre sta subendo un trauma: uno dei precipui appresso quello della natività... Lasciamo da ultimo il bimbo-filosofo-teologo che domanda a Babbo Natale: «Ma ti ha creato Dio?», ove si rimanda alle dotte tematiche della gnosis del II e III secolo (p.Ch.n.), allorché, tra Roma e Alessandria, si discettava da Valentino, Basilide e Marcione circa gli «eòni», entità mediatrici e divine, a traverso le quali si discende dall'Uno (o Logos) infino all'uomo. Il regazzino chiede in altri termini: «Babbo Natale, fossi te per avventura un eòne?». Il quale non ci giunge novella aver a tuttoggi chiarificàtogli il fior di busillis.