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Kirikù, un gioiello di immagini e musica

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SONO stati in molti ad avere a suo tempo apprezzato «Kirikù e la strega Karabà», un disegno animato francese lodato dal pubblico e dalla critica e poi premiato ai tanti festival dove venne proposto in concorso. oggi i suoi autori, Michel Ocelot e Bénédicte Galup, ce ne offrono una seconda puntata che non è però un seguito, come di solito s'intende al cinema, ma il racconto di altre gioiose avventure vissute dal minuscolo protagonista, il bambino sempre nudo Kirikù, nuovamente presentato in quel villaggio africano da cui una prima volta aveva già preso le mosse. Avventure gioiose, appunto, anche se a farvi aleggiare intorno i pericoli c'è sempre la cattiva strega Karabà adesso spalleggiata da automi più neri della pece che, per non definirli robot, ci si propongono con l'appellativo di «feticci». Prima però di scontrarsi con loro, il piccolo protagonista dovrà vedersela con una brutta bestiaccia che mette a soqquadro l'orto del villaggio coltivato con molta dedizione da tutti, quindi con una specie di bufalo che rischierà di vanificare una vendita al mercato di molte belle ceramiche costruite grazie sempre alla sua colorata inventiva. Poi arriveranno anche i terribili feticci, ma prima il bambinetto riuscirà a sottrarsi alle loro aggressioni arrampicandosi sul lungo collo di una giraffa, in seguito, mascherandosi come uno di loro, li metterà in scacco riuscendo a guarire con dei fiori miracolosi tutte le mamme del villaggio, a cominciare dalla propria, avvelenate ancora una volta da Karabà. Probabilmente, però, ci attendono altre avventure e sembra di capire che, allora, Kirikù, con il suo tenero candore, riuscirà ad addolcire il cuore nero della sua nemica... Un piccolo gioiello, tutto grazia e gentilezza. Il segno grafico, tenendosi lontano dal digitale e dalla terza dimensione, è fine e sottile, con una animazione guidata da un gusto visivo che privilegia di nuovo la pittura dei naifs, disseminandola di panorami africani incantati, di fiori e, come dice il titolo, di «animali selvaggi» che, se feroci, vengono messi presto nell'impossibilità di nuocere. Con quel bambinetto al centro di cui si esibiscono sempre con affetto i suoi occhi tondi, sprizzanti bontà qua e là anche con furbizia. Mentre, a sostegno echeggiano delle belle musiche folcloriche del senegalese Youssou N'Dour e del sassofonista del Camerun Manu Dibango, alternate a delle canzoni molto calde eseguite da una cantante del Mali, Rokia Traoré. Per aggiungere, al piacere degli occhi, quello dell'ascolto.

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