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«Droga, aborto, scandali: problemi irrisolti I giovani chiedono valori e trovano gossip»

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«È quello che dà inizio a ogni musica condivisa: ti dà il tono, ci accordi gli strumenti, prepari la sinfonia o la serenata malinconica. Dici: dammi il La, e chiedi alla tua donna di corrispondere al tuo palpito. Di suonare insieme». Più o meno quello che hanno fatto generazioni di amanti, magari al chiaro di luna, con le sue canzoni. «Non so quanti figli siano stati concepiti grazie a me - ride Antonello - ma un po' mi fa rabbia, è come reggere il moccolo al Gianicolo. Mi sento molto usato e poco "utilizzato", ah ah ah...Posso dire quante "Sara" sono venute al mondo intorno al 1978, e lì c'entro qualcosa. E so quale senso abbiano avuto per me le cose sentimentali che ho scritto. Lo ammetto: vorrei non comporne più; significherebbe che non soffro per amore. O che sono già sulla riva, in salvo dal dolore dei sentimenti, e che posso parlarne con leggerezza. Come in "Ricordati di me", la mia preferita. Mentre "Ogni volta" è lo struggente addio a chi hai amato. Però occhio: molte donne non sanno che sono stato innamorato di loro...». Allora facciamolo, questo viaggio di trent'anni e rotti attorno ai ritratti femminili (e agli sketches sospesi tra cronaca e poesia) disegnati dal pianoforte di Venditti. Lì dentro, in filigrana, c'è la piccola e grande storia d'Italia. A partire proprio da Sara, la liceale rimasta incinta, con un partner dubbioso e una famiglia ostile. «Quella nasceva da un fatto vero, una vicenda parallela alla mia paternità, ma più complicata: due persone che conoscevo. Poi il bambino è nato, e alla fine lui ha sposato un'altra, ha avuto altri figli. E a reggere il peso sociale ed economico di una ragazza madre in casa - che negli anni Settanta era un mezzo scandalo - furono i nonni: la loro disponibilità risolse tutto. L'aborto era un problema, oggi lo è ancora. Purtroppo, e sottolineo purtroppo, molte mie canzoni non invecchiano. Ciclicamente tornano d'attualità. Come "In questo mondo di ladri": ho solo cambiato una o due parole. Adesso canto: "viviamo ancora di scandali"... Voglio dire, Mani Pulite ha spazzato via con ferocia una classe politica che però svolgeva una funzione di equilibrio. Ora chi ne capisce qualcosa della filiera economico-imprenditoriale che ha scavalcato tutto? Finito il rampantismo craxiano, oggi imperversa il poltronismo». E che dire di "Eleonora", la cocainomane sconosciuta, "nuda e sul divano", targata 1982? «La ritrovi ancora oggi, in scenari più violenti, nelle feste della Costa Smeralda. Una qualsiasi aspirante starlette che sfarfalla attorno al potere, in cerca di notorietà. Vorresti portarla via di lì, ma ci riesci solo per una sera. La vera grana è che i giovani hanno bisogno di valori, pretendono un ritorno alla vita di coppia, perfino alla verginità. Ma la realtà viene travolta dalle lobby del gossip, dove solo certa tv determina la tua esistenza, e magari quando oltrepassi ogni limite di decenza. Negli anni Ottanta io e Simona (Izzo) potevamo finire come sotto i riflettori come Al Bano e la Lecciso o come Eros e la Hunziker, ma ce ne guardammo bene». C'è un'altra ragazza - e qui l'album dei ricordi va sfogliato a ritroso fino al 1975 - che si drogava in una canzone: la "Lilly" dei "quattro buchi sulla pelle". E qui Venditti confida, per la prima volta, un suo doloroso segreto. «"Lilly" era una mia amica: per qualche mese aveva vissuto a Roma, famiglia altoborghese, del Nord. Non le dissi mai che questa canzone era per lei, ma gliela feci ascoltare. A un mio concerto, a Milano, c'era lei in platea. Ed è il motivo per cui la suono solo in quella città, da tanti anni. L'unica eccezione è stata nel 2000, nel braccio femminile di Rebibbia. Me l'avevano chiesta le detenute. "Lilly" non riuscì a salvarsi. Morì un anno dopo questo mio appello: ma se metto le dita sulla tastiera, la musica fluisce senza che io debba ricorrere allo spartito. "Lilly" è ancora attorno a me, in qualche modo». Poi un'altra storia milanese, da chiarire. Quella della canzone dedicata a "Piero e Cin

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