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Dai «Capolavori» di Buzzati al thriller e al Belpaese storico

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..):«Nero è l'albero dei ricordi» di Rosetta Loy, «L'incontro» di Vincenzo Cerami, «Di viole e liquirizia» di Nico Orengo, sono tre romanzi dei quali si è dato ampio conto su queste colonne e quindi già rappresentano una indicazione motivata, come pure «Il medaglione» di Andrea Camilleri, un mistero siciliano risolto da un maresciallo dei carabinieri. Orientiamoci invece verso opere che, per qualche ragione, sono state sacrificate e invece rappresentano altrettanti momenti di vita italiana, talvolta legati a una memoria sottesa di velata malinconia senza che quest'ultima diventi nostalgia: Carlo Castellaneta, per esempio, pubblica «Polvere di stelle» (Mondadori, 114 pagine, 15,00 euro), che non è lo spartito della storica canzone di Carmichael, bensì un richiamo dolce e dolente a una città scomparsa, la Milano degli anni 30-40, quella dell'adolescenza, e quindi il recupero di un candore disperso via via che l'ondata della violenza e dell'assurdo ha sconvolto la città: ecco che allora i protagonisti sono il vecchio tram, il gioco del calcio di una volta, la bicicletta a lungo vagheggiata, le vecchie sale da ballo con le canzoni, i primi amori: tanti spaccati di vita che potrebbero avere un sottofondo ideale: la voce di Sinatra e le note della celebre canzone. Eppure, anche il presente, malgrado tutto quanto accade oggi e il degrado che lo accompagna, possiede un suo fascino segreto, diventa materia di romanzo in «Magic People» di Giuseppe Montesano (Feltrinelli, 136 pagine, 13,00 euro), ma stavolta siamo all'altro estremo dello stivale, a Napoli, in un condominio di oggi, portiere incluso, dove la realtà non si traduce mai in sogno, e nel brulicante formicaio descritto dal narratore c'è di tutto, ci son venditori di ogni specie, di spiagge, di aria, di anime: un quadro insomma vero e concreto di una città, che vorrebbe soltanto tornare ad essere il luogo irripetibile del passato. Dopo il grande successo al Premio Strega del 2003, Melania Mazzucco ha lavorato sodo sul romanzo, ed eccola da qualche giorno in libreria con un nuovo testo, «Un giorno perfetto» (Rizzoli, 406 pagine, 18,00 euro), in cui cambia registro, accelera i tempi scanditi dalla narrazione, e ci immette nel clima sospeso di un thriller dai toni tutt'altro che pesanti, in cui la coralità delle situazioni e dei personaggi, la vince in una città resa assorta, all'apparenza, dagli eventi, in verità compressa fra le spire di un disincanto che diventa pian piano disamore, all'interno di un nucleo famigliare nel quale ognuno di noi può ritrovare il ruolo che vive e sconta nella vita. Infine, per concludere la cinquina di opere da regalare con la coscienza tranquilla, due sillogi di grande classe: «I capolavori» di Dino Buzzati (Oscar Mondadori, 1075 pagine, 14,80 euro), e «Racconti» di Antonio Tabucchi (Feltrinelli, 416 pagine, 20 euro). Il primo dei due volumi riunisce tre opere fra le più significative della ricca produzione di Buzzati, «Il deserto dei Tartari» (1940), «Un amore» (1963), e quei «Sessanta racconti» (1958) che rappresentano una miniera di pagine eccelse nella storia della nostra novellistica. Testi vari e diversi che tuttavia riconducono ad un solo referente essenziale: l'allegoria, l'allusione come unico farmaco possibile, a fronte del trauma esistenziale dell'uomo novecentesco, con sortite profetiche e sobbalzi di coscienza che rendono tutta la materia incandescente, per la sapiente regia di uno dei nostri maggiori scrittori novecenteschi. Se quando si legge Buzzati si pensa alla tragica figura di Franz Kafka e alle sue lacerazioni al fondo della notte, il Tabucchi novellatore ci riconduce a Pessoa, il grande lusitano che sperimentava sull'io e sull'altro da noi. Un gioco di specchi senza fine che lo scrittore

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