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L'Opera di Roma

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un caso esemplare

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La Scala, fedifraga mutiana, ha scelto l'«Idomeneo» di Mozart. Bologna una «Traviata» freak in piscina... Tutti aprono, tutti inaugurano. Ma e l'Opera di Roma? Si tace forse? Non fia mai. Si sa della sera del 18 gennaio, coll'apertura della stagione commessa al «Don Giovanni» mozartiano, sul podio il maestro Gelmetti, alla regía il vegliardo Zeffirelli, al proscenio un talentuoso cast di voci con Mariella Devia nei panni della grama Donna Anna. Ma nel frattempo - a mo' d'entr'acte - ecco la ripresa da stasera del «Barbiere» rossiniano, direttore e regista in uno il Gelmetti. E martedí venturo, una première di balletto dagl'intenti natalizî: «Lo schiaccianoci» di Cajkovskij, stelle le signore Comi e Stramore, cavalieri Picone e Marozzi. Là su, nelle diacce plaghe dell'Italia boreale, in vero non molto si ragiona del «tempio» lirico quirite. Fallo bizzarro! Ché è, questa, Fondazione fra le piú solerti del Belpaese, vuoi in virtú d'un'amministrazione occhiuta secondo dimanda il caso, giusto l'esercizio economico del soprintendente Ernani; vuoi per gli esiti artistici sorvegliati dal summentovato Gelmetti; vuoi, non da ultimo, per gli appassionati sostegni dell'Associazione «Roma per il Teatro dell'Opera di Roma»: la quale dall'anno 2002 sprona il «tempio» alla vivida azione, all'alacre prassi, con benemerenze mecenatesche atte non solo a racchetare turbati bilancî ma pure ad esaudire le attese dell'esigente platea romana. La cui gratitudine s'è palesata col raddoppio delle presenze: da 100mila a 200mila annue. E. Cav.

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