di SARINA BIRAGHI IN Italia trionfa il mammismo, in Iraq o in Cecenia le mamme mandano i loro figli ...
E non sono solo arabe. È di pochi giorni fa la notizia della prima kamikaze europea, Muriel Deganque, panettiera di Monceau-sur-Sambre, Belgio, convertita all'Islam e diventata Myriam dopo aver sposato un integralista marocchino, che si è arruolata nella Jihad e si è fatta esplodere sulla via di Baquba. In occidente, dove le donne guerriere si fermano a Giovanna d'Arco, occhi sgranati e mille interrogativi: come può "chi dà la vita" andare a toglierla ad altri? Ragionamento ed obiezione molto italiani, che non troveranno mai né conclusione, né risposta. Ma alla ricerca di qualche spiegazione vanno altre donne: una giovane russa, Juzik Julija nel suo libro «Le fidanzate di Allah», Volti e destini delle kamikaze cecene, ha cercato di capire che cosa abbia spinto le donne terroriste di Beslan a veder morire decine di bambini. E in Italia ora ci prova Noa Bonetti con il suo libro «Io, donna kamikaze», Quarantatrè protagoniste del terrorismo suicida. Tuttavia il tentare una spiegazione è impresa ardua: c'è nel mondo arabo addirittura il riconoscimento del "diritto al martirio", quando le donne in genere di diritti ne hanno pochi o nessuno. «È un diritto delle donne musulmane partecipare alla Jihad. Anche il profeta Maometto ha sempre difeso questo diritto. Non esiste alcun decreto religioso che impedisca la loro partecipazione alla lotta armata», dice lo sceicco Hassan Yusef, portavoce in Cisgiordania del movimento integralista islamico Hamas. Ma non tutti la pensano alla stessa maniera: lo sceicco Ahmed Yassin, altro leader di Hamas, si è espresso contro l'utilizzazione di donne kamikaze: «La nostra società ha bisogno di donne che siano madri e mogli, perché abbiamo già tanti combattenti maschi». Per contro Al Qaeda, il movimento dello sceicco più temuto nel mondo, Osama Bin Laden, in un sito Internet dedicato esclusivamente alle donne, elogia innanzitutto la loro partecipazione alla guerra santa e le sprona affinché si addestrino militarmente e si allenino per potenziare la loro resistenza fisica, invitandole ad assumere un regime alimentare "equilibrato", seguendo diete apposite. Del resto, dice il Corano: «istruisci una donna e istruisci un'intera società». Il sito si chiama Al Qhansaaben Omar. È il nome di una poetessa convertita all'Islam, considerata la gran madre degli "shahidim", i martiri, perché rifiutò di portare il lutto dopo la morte dei quattro figli, uccisi durante una battaglia contro gli infedeli. Ma la storia delle donne kamikaze è lunga: negli anni Settanta Dalal Al-Mugrabi e Leila Khaled. La prima fu uccisa in Israele. La prima donna kamikaze della seconda Intifada è stata Wafa Idris, 28 anni. Volontaria di Red Crescent, Croce Rossa palestinese. Diplomata nel '99. Nell'attentato in Jaffa Road, pieno centro di Gerusalemme, morì un uomo anziano. Moura Shalhoub, 15 anni, si è lanciata con un coltello in mano contro un posto di blocco dell'esercito nei pressi di Tulkarem, in Cisgiordania: Moura non si considerava un'integralista, ma non voleva chinare la testa, voleva portare i jeans. Darin Abu Aishe, di 21 anni studentessa di Nablus, si è fatta saltare in aria a un posto di blocco israeliano ferendo tre poliziotti. Andaleeb (usignolo) Khalid Takatka. Venti anni, di mestiere faceva la sarta nella piccola impresa famigliare di abiti maschili. Proveniva dal villaggio di Beit Fajar. Era membro delle brigate Al Aqsa: sei i morti per l'attentato di Jaffa Street. Ed altre ne sono seguite e ne seguiranno. Noa Bonetti, nel suo libro, cerca di analizzare il fenomeno che, mezzo millennio fa, Nostradamus aveva previsto in una delle sue quartine. Vento divino, traduzione della parola giapponese kamikaze, o shahidki, donne martiri, l'altra metà del cielo che va a morire imbottita di esplosivo quasi sempre non lo fa di propria volontà. E nemmeno per fanatismo religioso. Forse più per voglia di vendetta, per disperazione o, paradossalmente, per pari opportunità. Come inneggiava il giornale islamico «Al Shaab» che si pubblica in Egitto: «La kamikaze è una