di ANTONELLO SARNO A TROVARGLI una somiglianza, lo stile di Riccardo Rossi ricorda quello di Paolo Panelli e di Luciano Salce.
E, soprattutto, di molto simile ai comici "cattivi" - e proprio per questo ancor più esilaranti in epoca di censura quarant'anni fa, in epoca di forzato buonismo oggi - c'è la apparenza rispettosa e rispettabile di Rossi che, per ben apparire, ancor oggi va dal barbiere la mattina del debutto di uno spettacolo, come questo «Per fortuna che c'è Riccardo - le dieci date che ci hanno cambiato la vita», ed in scena al teatro dei Servi di Roma fino all'11 dicembre. Scaramanzie, ritualità, quelle del barbiere, che stridono - ma solo in apparenza - con l'esplosività di Rossi sulla scena, che rianima il pubblico stanco della glassa televisiva con il chiaro intento di scardinare le certezze su date, luoghi e personaggi che hanno realmente cambiato la storia del mondo. Pensavamo a Samuel Morse, a Thoas Alva Edison, a Guglielmo Marconi? Macchè. Le date importanti, per Rossi, sono piuttosto quelle della fondazione della Sony, nonché della creazione dei relativi, rivoluzionari prodotti. Come il transistor od il walkman. Invenzioni descritte però in chiave esclusivamente familiare. Come ad esempio l'attacco per la seconda presa del walkman stesso, creata per soddisfare l'esigenza del presidente dell'azienda Morita di far contenta la propria moglie rimasta altrimenti esclusa dall'ascolto della audiocassetta. Passando per la povertà dei protagonisti degli splendidi quadri caravaggeschi (di cui Rossi dà una esilarante motivazione proletaria) fino all'assolo, ereditato dallo spettacolo precedente «Pagine Rossi», un manuale di sopravvivenza urbana. Si ride continuamente fino all'assolo di Rossi che vale l'intero spettacolo. Si tratta della decisione di Michael Jackson di rubare ad Al Bano la canzone «I cigni di Balaka» - un'accusa da cui la popstar fu poi assolta - per usarla nel suo brano «I will be there». Una decisone che Rossi descrive come se fosse stato presente alla riunione tra Jackson, uno dei musicisti più ricchi del mondo, e Quincy Jones, il leggendario produttore di musica black. I quali mettono in piedi una squadra di musicisti dai costi miliardari ma scelgono di non pagare i 300 euro per i diritti di Al Bano.