«Togliete i sacchi di sabbia
aprite la finestra sul mondo»
Lì, più o meno, è ormeggiata la barca di Lucio Dalla. «Stanotte c'è stata buriana», ride lui. «Ma ora, davanti al porto di Santa Lucia, vedo Castel Dell'Ovo. Napoli oggi risplende, sotto un sole glorioso». Più tardi, il cantautore bolognese scenderà dalla sua "Brilla & Billi", la casa navigante che prende il nome dai suoi cani, e che funge anche da studio di registrazione. Qui ha inciso buona parte di "Tosca" («ma è venuto anche Bocelli», spiega), qui ha messo a punto le canzoni del prossimo disco («alle mie orecchie suona ancora come un progetto dal senso misterioso»), che sarà «quasi per nulla elettronico» e uscirà alla fine dell'estate. Agli studenti dell'Università Federico II, Dalla vuole illustrare la metodologia di composizione di due tra i brani inediti. «Uno non ha ancora un titolo: la musica è del brasiliano Ivan Lins, e io ci ho buttato dentro un testo in italiano. L'altro si chiama "Spengo il telefono e ti cancello", è nata qualche mese fa a Capri. Parla di un uomo che sta giocando a carte in un bar, immerso nel frastuono. Cellulari che squillano, le slot machine che suonano, la macchina del caffè che fischia. E cerca di riflettere sulla vita che gli è capitata in sorte, senza neppure troppa amarezza». Cosa pensa, questo tizio? «Che la società contemporanea è diventata del tutto artificiale. I sistemi di comunicazione, interagendo, aggiungono una fittizia materialità alle nostre parole. Gli sms, le Reti, le invisibili antenne che ci circondano. Non possiamo più parlare all'orecchio di qualcuno, come cinquant'anni fa, escludendo il mondo dai nostri segreti». Questa tirannia tecnologica la inquieta? «No. E comunque non si torna indietro. Le nuove invenzioni dovrebbero, in teoria, agevolarci la vita. Poi di sicuro ci dannano, ci costringono a restare connessi a un network globale: e possono diventare malattia, alterazione sociale, se non discipliniamo la cultura stessa delle nuove tecnologie. I soggetti più a rischio sono i giovani. Alla facoltà di sociologia di Urbino tengo corsi di linguaggio per la pubblicità. E cerco di spiegare che la creatività va messa al servizio di un'etica complessiva, non solo del mercato del Ventunesimo secolo». Professor Dalla, sarà così. Ma basta un cellulare spento o un numero cancellato dal palmare e ci si sente persi nel cyberspazio. Preda di ansie sconosciute. «Sì, come in quel film con Jim Carrey e Kate Winslet. Ma la memoria elettronica è un fattore prezioso, è la protezione di tutto ciò che accettiamo, la tutela di noi stessi. Puoi dare un terapeutico colpo di maglio a una relazione finita, togliere di mezzo qualcuno che ti ostacola o importuna. La controindicazione è quel delirio di onnipotenza che avvertiamo quando "eliminiamo" qualcuno da un telefonino o da un computer. Una violenza più che simbolica, un killeraggio silenzioso. Però quando fai pace puoi sempre "resuscitare" l'altro». Proviamo a riscrivere, quasi tre decenni dopo, la lettera de "L'anno che verrà"? «Io sono sempre ottimista, ma non voglio sentirmi stupido. È già un grande vantaggio, per me, essere arrivato a questo punto della mia storia personale. Ho capito che facciamo tutti parte di un disegno più grande, che potremo decifrare se ci affidiamo alla positività. Mettiamoci al riparo da una visione cupa del futuro: critici, ma con un mezzo sorriso almeno. L'anno che verrà non dovrà trovarci distratti nel cercare, cogliere, e preservare, le diversità che fanno la ricchezza di questo mondo». Ma dobbiamo lasciare i sacchi di sabbia alla finestra? «Se ci sentiamo forti possiamo toglierli. Anche perchè, se li teniamo sempre sul davanzale non sapremo mai cosa c'è dall'altra parte». E "Futura"? Com'è cresciuta, quella bimba che doveva nascere al tempo dei sovietici contro gli americani? «Ha imparato a volare, a nuotare, come speravano quei due ragazzi che l'avevano concepita. Nel suo volto c'è ancora la speranza. Perché tutti i tragici scossoni che ha conosciuto il mondo sono serviti per cambiarlo. La natura, come la Storia, pretendono la continua el