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Muti, un'ombra imbarazzante su «Idomeneo»

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Ieri prima a Milano con tanta nostalgia per il maestro costretto a lasciare la «sua» orchestra

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Un lungo mantello nero ne occultava i passi celerrimi sì che pareva quasi un volo rasoterra, nel mentre dal volto buio, celato dalle larghe falde d'un Borsalino pece e complice, trasparivano i fulmini di quegli occhi fiammei e sarcastici. Per un baleno, la sua imago fantasmatica s'è riflessa negli specchi d'oro del fervoroso foyer che n'è rimasto abbacinato, sì che anche il similoro del non-vippesse in lungo è parso, al mondo, d'oro fino. Ed altresì nella sala immane della rappresentazione teatrale, dinanzi il palcoscenico, è sfolgorata la di lui ombra sotto la cupola d'avorio: e d'un subito i cavalieri in frac hanno tratta dal fodero la spada ad usbergo dei dolci seni ingioiellati delle dame terrorizzate dall'impreveduta magìa. Una cosmica risata, un ghigno ferino sono esplosi dalla bocca violacea del convitato di pietra che oramai incombeva sull'intiero "tempio" lirico: e sulla città in preda all'incantagione inaudita.... Era l'ombra di Riccardo Muti, cacciato da quella Scala che iersera risuonava della sua presenza con senso d'apparente indifferenza e di colpa bruciante in uno. Era il maestro assurto la sera di Sant'Ambrogio a protagonista principe - come mai lo era stato nel precedente ventennio - dello spettacolo inaugurale: diciamo quell'«Idomeneo» di Mozart che aveva di già diretto il 7 dicembre d'or sono undici anni e che ora avrebbe dovuto dirigere di nuovo se la follìa, se la pochezza degli uomini non avessero provocato la trasformazione di un eccelso interprete nel rimpianto di un eccelso interprete. Così va il l'imperfetto mondo nostro: da sempre: per sempre: ahinoi. Al posto di Muti, dunque, il giovine inglese Daniel Harding, con una compagnia di giovini che il neosoprintendente Stéphane Lissner ha dovuto convocare in fretta ed affanno a chè non saltasse, oltre al Muti, anche il mondanlirico evento della première, "opera seria" d'un Mozart venticinquenne, vale la porta dischiusa al genio. Non è un capolavoro sommo, essendone causa preponderante vuoi il libretto di tal Varesco, che rivà ad un Metastasio frollo, vuoi la tenuta drammatica che tuttavia tende ad occhieggiare i luoghi comuni proprî al genere in decadenza dell'"opera seria". È però un affiorare di squarci tragici, lirici e patetici che posseggono la vastità emotiva e la vis espressiva della rivelazione artistica sublime e salgono a prototipi d'un'imaginazione sontuosa la quale trapassa, se non nega, lo stesso genere donde è stata avviata. È il soggetto di un solenne affresco nel quale la materia mitologica s'atteggia, com'è norma nel Settecento, ai moduli d'un raffinatissimo decoro; e le gesta da quella illustrate s'impreziosiscono della più vaporosa inverisimiglianza. Il Salisburghese penetra questo soggetto, ne raddrizza l'atteggiamento senile e lo scuote con una vampata rigeneratrice. Assai pagine dell'«Idomeneo» non valgono più i fatiscenti modi d'una tradizione agonizzante, bensì la proiezione d'un pathos romantico che pulsa verso gli spessi orizzonti dello «Sturm und Drang». La cifra della monumentalità e dell'icasticità con cui la musica mira ad involgere i materiali precostituiti impone la presa di coscienza d'un segno drammatico insino ad ora mai apparso. Vibra d'un respiro imponente che pure sfuggiva al teatro "riformato" di Gluck, cui l'opera in questione talvolta si riporta: massime nei procedimenti corali. Al paro, trascende gli esempi italiani di Salieri, Jommelli, Tratta e Hasse, musici della meglio "opera seria" nella decenza dell'impianto stilistico. Mozart se non esce ancora dagli schemi ricevuti in retaggio, li scardina dall'interno ponendo i presupposti per un dramma dello spirito nuovo. Quanto all'interpretazione musicale, osserveremo sovrattutto che Daniel Harding ha ottimamente diretto l'Inno di Mameli: la qualcosa non è cimento di poco conto in considerazione delle qualità non paradisiaca della pagina. Ma anche nell'opera mozartiana il maestro d'Oltremanica non ha punto demeritato - senza g

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