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Atene chiama, Roma risponde

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La «Dante Alighieri» in prima linea per organizzare i corsi

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Lo dicono i numeri e lo conferma la crescente domanda di tutti quei prodotti che evocano in qualche modo quello "stile di vivere italiano" che tutto il mondo ci invidia e che per molti è simbolo di un benessere culturale prim'ancora che economico. Il fenomeno è mondiale ed europeo nel contempo. Nella sola Atene ad esempio, sono più di diecimila gli studenti che frequentano scuole private, licei, università e che richiedono di migliorare la loro conoscenza del nostro patrimonio d'arte e di approfondire gli scambi culturali. Per non parlare poi delle province elleniche con in testa le città di Volos, Patrasso e Salonicco dove sono attive diverse imprese commerciali italiane e dove sempre più fiorenti sono i commerci con il nostro paese. Si diceva di Atene, capitale mitica e nello stesso tempo modernizzata dal passaggio degli ultimi giochi olimpici che hanno trasformato il volto di molte vie e piazze, tanto da donarle quel pizzico di civetteria tutta europea immersa in una luce di azzurro Mediterraneo. Atene dunque si pone ai primi posti tra i paesi che affacciano sul Mare Nostrum che più si avvicinano per spirito e per temperamento a quell'Italia che con la testa fatica ad inoltrarsi verso il cuore dell'Europa e con i piedi muove a rilento i suoi passi nelle agitate acque del nord Africa e del Medio Oriente. Atene come Valletta, Tunisi, Istanbul o Il Cairo, capitali di ieri e di oggi unite in quel concerto di nazioni alla ricerca di un dialogo nuovo in grado di far emergere quanto di buono e di positivo c'è nelle culture che un tempo furono l'architrave di sostegno dell'odierna Europa. Per tutte loro la cultura italiana è innanzitutto una risorsa, una alternativa ad un possibile modello di sviluppo che attualmente non trova sbocchi schiacciato com'è ad est da complicate eredità politiche e sanguinosi conflitti bellici, a sud da un ribollire di fermenti etnici e religiosi e un poco più a nord da una industrializzazione così avanzata da non poter essere presa neppure in considerazione. Su tutto aleggia poi lo spettro di una globalizzazione strisciante e ineluttabile che pone sempre di più in crisi i sistemi di certezze raggiunte faticosamente in secoli di storia e che ora sembrano sbriciolarsi come pane secco al sole. Il nuovo aeroporto e la superstrada che lo collega ad Atene, mi dicono, sono stati costruiti da ditte tedesche che agli impegni economici hanno saputo sovrapporre anche i loro interessi nazionali, badando bene che la lingua di Goethe fosse inserita nei programmi scolastici del ministero a tutela di una continuità di studio e di distinguo culturali. Ma a parte la forza e l'ammirevole bravura dei cugini teutonici, le altre due grandi lingue d'Europa, lo spagnolo e il francese, sono in lenta discesa per far posto ovviamente all'"imperante inglese", dominatore dei mercati delle lingue e non solo. Restiamo infine noi. «Italiani e greci, stessa faccia stessa razza» recita uno dei luoghi comuni più consunti, ma che oggi più che mai ritrovo valido attraversando quelle strade e ritrovando in quegli occhi e quei visi tanto simili ai nostri quell'identità, quelle radici e quei germi di questo nostro occidente che fatica come non mai a trascinarsi dietro le colpe di una storia mai rimarginata. La Repubblica Ellenica con il suo Consiglio superiore di selezione del personale pubblico riconosce solennemente alla Dante Alighieri il diritto di esercitare, oltre ai corsi di lingua, anche le prove d'esame di certificazione e il nostro ambasciatore Gian Paolo Caverai e il direttore dell'Istituto Italiano di Cultura, Giulio Molisani, festeggiano legittimandosi una vittoria che è anche di Panjotis Kastrissianakis della Dante Alighieri di Atene, ateniese come quei diecimila volontari che lo Stato italiano non ripagherà mai quanto meriterebbe il loro amore, il loro impegno volontario e il loro sincero spirito di comunanza con l'Italia. «Italiani e greci, s

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