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di MASSIMO TOSTI OGNI volta - e capita molto spesso - che si riaccende il dibattito sulla cultura di ...

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Cattabiani è stato stroncato da un male spietato due anni e mezzo fa. Il giorno dopo, i giornali si sono riempiti di "coccodrilli" che ne ricordavano il talento di scrittore, la profondità della sua cultura, la "leggerezza" con la quale sapeva trattare argomenti ardui e (apparentemente) poco popolari: i simboli, le feste laiche e religiose, le tradizioni, i significati reconditi e i misteri delle "cose", i miti, le leggende, i riti, legati al mondo animale e a quello vegetale, alle fasi della luna e al calendario solare. E poi ne rievocavano l'opera straordinaria di direttore editoriale di alcune case editrici (fra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, quando era ancora giovanissimo, avendo superato da poco i trent'anni) alle quali aveva regalato la prima edizione italiana del «Signore degli anelli» di Tolkien, e le opere di de Maistre, Bernanos, Simone Weil, Augusto del Noce, Drieu La Rochelle, Eliade, Guenon. All'inizio degli anni Ottanta, qualche amico prendeva simpaticamente in giro Alfredo definendolo «l'unico scrittore che non ha mai scritto un libro». Era stato troppo impegnato, fino ad allora, nell'attività di editore e in quella di giornalista per potersi mettere a tavolino a scrivere un libro. Poi riprese tutto il tempo perso pubblicando, nell'arco di vent'anni un numero quasi incalcolabile di libri: per lo più volumoni di trecento e passa pagine, arricchiti da bibliografie degne di testi universitari, frutto di ricerche originali e mostruose (Bestiario, Erbario, Lunario, Calendario, Florario, Planetario, Boario, Acquario, Simboli miti e misteri di Roma, Santi d'Italia). S'era messo a scrivere libri, perché faticava a trovare un posto fisso e dignitoso in un giornale. Tutti pronti (anche quelli che gli dedicarono poi ampi e commossi coccodrilli) a lodarne le qualità e ad incoraggiarlo nel suo lavoro; pochi disposti a fargli spazio. Ecco: Cattabiani è stato - a suo modo, da vivo e da morto - il rivelatore delle carenze culturali della destra italiana che (a differenza della sinistra) non sa valorizzare i suoi talenti. Non li conosce, non li riconosce, non li aiuta. Un errore politico e imprenditoriale, più che una mancanza di materia prima. Da sessant'anni, dall'immediato dopoguerra, la sinistra (soprattutto quella comunista, e per merito precipuo di Togliatti) ha saputo coltivarsi i propri talenti, e - in parecchi casi - ha convinto persino intellettuali non allineati ad allinearsi e a cambiare sponda promettendogli visibilità, successo, onori, gloria e incarichi prestigiosi. È accaduto nel cinema, nella letteratura, nella saggistica, nelle arti figurative. A piangerci sopra si fa la figura del coccodrillo. Cattabiani era instancabile e facondo, al punto che oggi esce in libreria un saggio postumo («Santi del Novecento, I grandi testimoni della fede del nostro tempo», Rizzoli editore, 18 euro) curato dalla vedova, Marina Cepeda Fuentes, che nell'indice ha lasciato i titoli dei capitoli che Alfredo non ha fatto a tempo a scrivere. Trentaquattro brevi biografie (alle quali se ne sarebbero aggiunte altre dieci se la malattia fosse stata più indulgente). I protagonisti sono suddivisi in quattro categorie: «I laici che hanno operato eroicamente nella vita quotidiana», «I martiri della fede e della carità», «Sacerdoti, religiosi e religiose, mistici e fondatori di opere di carità», «Papi e cardinali esempi di virtù cristiane vissute eroicamente». Giovanni Paolo II, nei suoi ventisei anni e mezzo di pontificato, ha arricchito il cielo di 482 santi e 1.338 beati, un numero enorme, che non ha paragoni nella storia della Chiesa. Aveva capito che il mondo di oggi ha bisogno di grandi esempi di virtù e di eroismo. Cattabiani ha raccolto questo suggerimento. E ha puntato soprattutto sull'eroismo: le sue biografie non sono né agiografiche né pedanti. E possono essere lette con interesse anche da chi

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