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Tutta la verità sulla fine del tormentato amore con Loredana «Quella sera all'Hilton solo una cena insieme ai nostri figli»

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Eccoci lì a origliare, a sporgerci dalla tromba delle scale, però facendo finta di niente, in quell'immenso pianerottolo che è la Penisola. La maggioranza silenziosa nega, perché «certe cose le leggo solo dal parrucchiere»; altri invocano moratorie, censure, silenzi stampa. Ma ciascuno segretamente parteggia per l'uno o l'altra, nella querelle mediatica tra l'Ambiziosa e il Contadino, in quel reality show trasversale che, come un fiume carsico, riemerge in ogni trasmissione, nei rotocalchi, nelle chiacchiere da bar. Una malattia sociale, un virus peggio dell'aviaria. Ma anche uno sfogatoio collettivo, un pissi pissi avvelenato che ha una sua funzione sociale. Tutti ipocritamente appesi a un'obiezione, una condanna, una frecciatina moralistica: sollevati nel constatare che quelli sono affari loro, che non ci riguardano. Come nelle peggiori disgrazie, pensiamo: meno male che non è capitata a me. E ovviamente ci mettiamo bocca, tutti. Anche il protagonista, che più volte, nel corso della nostra conversazione, si pente di aver detto troppo, come colto da una resipiscenza improvvisa, come se non volesse infrangere più quel patto di riservatezza che ha stretto con se stesso. «Ecco, ci sto cadendo di nuovo...», sospira. E si sente - ma solo allora - un po' vizioso. Perché il codice interiore del signor Carrisi è radicato nella «sincerità - spiega - nell'umiltà e nella ricerca della verità che mi hanno insegnato da piccolo». Al Bano, una quercia intercontinentale piantata nelle zolle di Cellino. E di Samanà. «Giuro che mai avrei voluto che la mia vita finisse sotto i riflettori 24 ore su 24. Non prendo in giro nessuno, quando parlo vorrei essere creduto. Io sparerei addosso a tutto ciò che è gossip, e non manipolo questa sgradevole situazione. Non è colpa mia se qualcuno ci marcia, in tv e sui giornali». Al Bano, riassumiamo. Lei va a "Domenica In" e suggerisce a Loredana di «usare l'intelligenza, non le cosce». Contemporaneamente, su Canale 5 Costanzo segnala la presenza della signora all'Hilton, lo stesso dove Lei alloggia. E allude a una vostra possibile riconciliazione... «Dovreste domandare a Costanzo perché abbia insinuato certe cose. Se era una sua preoccupazione personale, avrebbe potuto chiederne conto a quella donna che lavora per lui». "Quella donna"? Loredana? «Io tra la guerra e la pace preferisco...il buonsenso. Nessuno può dimenticare che in mezzo a questa vicenda ci sono due bambini che non devono pagare per gli errori dei genitori. In loro nome va cercata la strada dell'intesa. Se Loredana voleva incontrare i suoi figli, perché avrei dovuto impedirglielo? Spero che quando sarò io a volerli vedere, la Lecciso non vorrà sbarrarmi il passo...» Un attimo. All'Hilton c'erano i piccoli? «Cacchio! Possibile che uno debba spifferare le questioni più private? Una volta lasciato lo studio di "Domenica In" sono arrivato in albergo, ho visto Loredana, e abbiamo cenato con i bambini. Per difendere la civiltà del nostro rapporto. Null'altro. Cosa c'è di grave e di sporco in questo atteggiamento?». Però nessun ritorno di fiamma? «Ma quale! Siamo due ex, anche se ancora dobbiamo formalizzare tutto. Gli avvocati - il mio è Gianni Massaro, il suo Maretta Scoca - sono in moto. Questa è la risposta a chi ci crede insieme. Spero ci accorderemo per l'affidamento congiunto dei due bambini, è la soluzione più intelligente». Ma con chi vivono, in questa fase? «Da me quando sono a Cellino, dalla famiglia della mamma quando lei è a Lecce. Attorno a loro c'è un filtro pazzesco. Aspetti...il cellulare (risponde). "piccolo, papà è a Milano, torno presto..."». Senta, ormai nessuno ricorda più chi abbia innescato questa miccia... «I signori del gossip! Loro hanno dato il via a questa demenziale telenovela, e io ne prendo le distanze urlandolo con i miei acuti più potenti! Mi sento come quando passeggi vicino a una pozzanghera, una macchina ti passa accanto veloce e ti schizza il fango sull'abito buono... Mi hanno dipinto come un padre-padrone, io che n

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