Emozioni da Paolo Olmi
Rare, in vero, le manifestazioni che, al paro di questa, accolta nelle Basiliche capitoline, sanno oggi tradurre in vibrazione di poesia il sottile, imperituro legame fra il sentimento del Bello estetico - epifanía sensibile dell'assoluto trascendentale - e l'umano, inesausto afflato al Bene supremo, ossia al Dio. Non è qui scelta d'infilata acritica e generica d'accademie sinfonico-corali e vocali, bensí di selezionati concerti cui partecipano illustri complessi strumentali accompagnati dalla palese eccellenza degl'interpreti. Basti rammentare che ha già avuto luogo, nell'àmbito della Messa Solenne celebrata da Mons. Angelo Comastri nella Basilica di San Pietro, l'esecuzione magistrale dei Canti gregoriani commessi alla «Cappella Giulia» della stessa Basilica, diretta da un raffinato ed esperto musicista quale Mons. Pablo Colino. L'altro giovedí, abbiamo ascoltata nella Basilica di San Giovanni in Laterano l'esecuzione dello «Stabat Mater per soli, coro ed orchestra» di Rossini affidata alla London Philharmonia Orchestra ed al London Philharmonic Choir capitanati dal maestro Paolo Olmi: esemplari solisti vocali le signore Lucia Aliberti soprano, e Francesca Provvisionato mezzosoprano; David Alegret, tenore, e Manrico Signorini, basso. Superfluo ribadire in questa sede il talento artistico delle compagini strumentali e vocali d'Oltremanica, che paiono nate a fascinare l'intelletto ed a commuovere i cuori, in virtú vuoi della singolare bellezza e purezza dei suoni, vuoi dei prodigî d'una tecnica peritissima. Ci preme piuttosto rimarcare come la bacchetta di Olmi - tra i direttori italiani piú eleganti ed equilibrati, ancorché restío affatto a foraggiare la ridondante e stucchevole pubblicità che gronda dai suoi colleghi - abbia saputo appalesare del capolavoro rossiniano quell'aura che coniuga la ieratica sacralità dell'umano Dolore alla cifra teatrale, tipica del Pesarese, assurta dal podio ad imponente plaga di Pietà e di redenzione universale. E risuona ancora nell'anima nostra la fulgente monumentalità dal maestro impressa alla «Fuga a 4 voci» che incorona la partitura. E nel Tempio gremito d'ascoltatori e fedeli il pathos dell'enorme applauso finale.