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di CARMEN GUADALAXARA A DUE anni dall'uscita di «La moda del lento», che era valso ...

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I Baustelle, ovvero Rachele Bastreghi, Francesco Bianconi, Claudio Brasini, e Claudio Chiari, da Montepulciano, dopo aver raccontato i primi bollori dell'adolescenza e la scoperta del peccato raccontano dieci storie maledette in cui luccicano schegge di poesia tagliente. Come sono nate le nuove canzoni? «I nostri dischi nascono in maniera graduale. Non c'è mai un progetto a tavolino. Succede sempre che scegliamo canzoni che alla fine hanno un filo conduttore. Anche in questo caso abbiamo selezionato dieci canzoni che erano ritratti, storie di male di vivere. La scelta del titolo viene da questa lettura, cogliendo anche un doppio senso ironico che riassume bene i contenuti delle canzoni». Le storie del cd sono molto dure. Ci sono riferimenti autobiografici? «Sì, sono storie molto dure. C'è poca speranza in questo cd. Abbastanza casualmente, "La Malavita" ha finito per raccogliere ritratti di vario "male di vivere". Ci sono più personaggi, più "terze persone", rispetto agli altri dischi, ma l'autobiografia c'è sempre, anche se a volte si maschera». I personaggi sono spesso negativi o ambigui. Sembra ci sia una sorta di esaltazione di atteggiamenti autodistruttivi o violenti. «La verità è che ci affascina la violenza. Non nel senso che siamo portati a esaltarla. Ma ci accorgiamo che, dai tempi de "La canzone del riformatorio", c'è questo tema ricorrente. Non è una cosa consapevole, ci viene naturale, forse perché troviamo che sia un buon argomento narrativo. Forse è facile romanzare la violenza». Si scorgono riferimenti legati al film «Romanzo Criminale»: l'Italia degli anni '70 in cui la società era scossa da forti tensioni e anche una generazione di giovani che scoprivano la vera libertà, nel bene e nel male. Ci sono soggetti cinematografici o letterari di quegli anni che vi hanno influenzato? «Più che ai protagonisti di quegli anni, facciamo riferimento a una tensione e un'atmosfera violenta, nera come quella che ha caratterizzato quel decennio. Ci sono molti riferimenti cinematografici: il cinema noir francese, il cinema poliziesco italiano con le sue splendide colonne sonore di cui siamo grandi fans». Nella presentazione ufficiale del cd si colgono sette parole-chiave: diversità, follia, saggezza, crimine, amore, violenza, pietà. Qual è la parola più importante per comprendere il disco? «La parola-chiave è pietà. Anche senza essere credenti, c'è questa immagine ricorrente di due occhi al di fuori del mondo che invece di condannare, perdonano. Uno sguardo che ci osserva e guarda la miseria, la crudeltà, lo squallore, la volgarità. La storia del Corvo Joe, un altro dei personaggi del disco, è quella di un non-essere umano che descrive un mondo di esseri crudeli, ma alla fine riesce a perdonarli».

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