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Loredana Lecciso le inventa al buio

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A differenza dei molti genitori che, almeno a detta delle statistiche, non hanno tempo nè voglia di raccontare favole ai bambini Loredana va controcorrente. «Adoro le favole classiche come Cenerentola ma con i due piccolini ancora non ho cominciato - spiega al telefono dalla sua casa di Lecce - alla più grande ho anche letto Il Piccolo Principe». Del resto un bellissimo ricordo dell'infanzia è il papà che mi leggeva gli episodi del libro Cuore». E ai piccoli cosa racconta? «Sono storie che non si leggono nei libri. Le inventiamo insieme. Io comincio e loro mi vengono dietro. Mi piace molto ambientarle in periodi invernali, quando fuori fa freddo e dentro casa c'è il camino acceso. Sono storie modeste, con bambini poveri molto realistici. C'è anche la magia, il male, i pericoli un po' sulla scia di Cappuccetto Rosso. La cosa sorprendente è che riesco a catturare la loro attenzione. Stanno lì zitti zitti ad ascoltarmi e incalzano con le domande e le loro versioni. Dico sorprendente perchè il tutto succede la sera, al buio, mentre i bimbi sono a letto una mezz'oretta prima di addormentarsi. Sarebbe impossibile raccontare favole durante il giorno. Sono troppo presi da mille cose, i giochi e le cassette dei film della Disney naturalmente. Delle mie favole non gliene frega niente». La sera invece... «Non si perdono una parola. Nei film sono distratti dalle immagini e invece al buio raccolgono tutta la concentrazione possibile». Le capita di leggere delle favole per lei? «Quando sono triste leggo romanzi rosa, storie d'amore che sono come delle favoli per grandi. In realtà ho una grande passione per la letteratura sudamericana. Mi piacciono gli elementi magici, gli intrecci complessi, le introspezioni. Marquez e soprattutto Coelho. Il penultimo "Undici minuti" mi ha sconvolto per la sua crudezza ma mi ha dato anche una grande forza. La storia di una prostituta, la sua rinascita, il gioco delle parti con il riscatto finale per cui la donna diventa forte e gli uomini si mostrano nella loro debolezza. Leggerlo è stata per me un'emozione». Nat. Pog.

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