I tagli finanziari non frenano il rilancio del «tempio» lirico
Piange l'Italia. Piangono gl'italiani. E la cultura ed arte loro. Costrette a rinunzie e disagî perché non siano sacrificate, in luogo delle alte sfere dello spirito, le piú immanenti del comune vivere quotidiano, giorno dopo giorno, essendone ministri inflessibili il fumigante maccarone, gli acri cicli di pigione & bollette, il panno a papà ed il pannolino al bebè, e, talvolta, la pizza-e-birra sotto casa: vivifica e benaugurante prima parte del sabato a sera in famiglia. In ragione di questo stato segnato da un'economia nazionale trascolorata, i cui pallori si rilettono fin sui folti riccioli della fantasia, non possiamo non volgere il nostro encomio alla coraggiosa intraprendenza posta in essere dal Teatro dell'Opera di Roma nell'ideare ed approntare la stagione lirica e di balletto del 2006. Il soprintendente Ernani, mansueto all'apparenza piú di pecora, ma incaponito negli scopi piú d'antico bulldog; il direttore musicale Gian Luigi Gelmetti, ormai tenuto dalla stampa specializzata tra le meglio bacchette d'Italia, quello artistico Mauro Trombetta, e la direttrice del risorto Corpo di Ballo, la tenera e tetragona Carla Fracci, hanno all'unissono forgiato un cartellone che, ove realizzato secondo le esigenze dell'arte, le aspettative dei melomani e dei buongustai della musica tutti, fa onore alla cultura musicale della città e del Paese. Non dimenticandoci che le risorse pecuniarie del virtuoso Teatro quirite, tra i doni statali e quelli degli amabili mecenati, da sole non basterebbero a svagarci di frequenti melodrammi, gorgheggî e danze se non intervenissero, provvidi, i sostegni delle Istituzioni locali: massime del Comune, ché il sindaco Veltroni si mostra tenace amante delle buone sòrti dell'Opera. Né ci dispiace, peraltro, la cura posta dalla Fondazione lirica nei rapporti con i giovani, e con le scolaresche in specie: a sollecitarne la curiosità e l'affetto verso il linguaggio dei suoni, il quale suole, nella benefica assenza della vana parola, alimentare l'immaginazione dell'infanzia e ricompensare di sé le melanconíe ed i turbamenti dell'adolescenza. Sulla via d'un percorso spirituale ove forse ancora a tratti albergano il barbaglio del candore e la semenza dell'armonia. Ai giovani s'offrirà dall'Opera, di là dalle prove generali delle rappresentazioni, l'opportunità d'inseguire sulla scena e da dietro le quinte la progressiva gestazione d'uno spettacolo lungo i giorni: che significa per un giovine entrare, d'un súbito, nell'Opificio della Maraviglia fra suoni e canti d'arte, mentre fuori la società l'attende paziente per iniettargli nelle vene la massiccia dose quotidiana d'idiozia ed alienazione, da essa stessa prodotte e reclamizzate. Riceve già da anni la pubblica e nostra approvazione il tipo di cartelloni firmati dal «tempio» lirico capitolino. Dell'indirizzo è responsabile, sovr'a tutti, il Gelmetti, che non ha esitato ad «osare»: ciò è costituire una linea programmatica incardinata su i capolavori o, comunque, su gli eccelsi operisti, lasciando da banda i titoli muffati d'un passato non piú vibratile, falsi «ricuperi», scocciantissime opere sperimentali, e bischerate novecentesche di simil fatta. Salvo illudendo l'opera contemporanea d'un'esistenza qualsisíasi con uno, due titoluzzi di cui non se ne può far a meno per creanze varie e convenienze disparate. In vero, sarebbe a noi garbata una selezione vieppiú severa di sommi cimenti, ma tutto, si sa, non è dato esigere e, in considerazione della situazione economica in tristo atto, manco interpreti un tantinello piú altisonanti. Ecco allora, a dischiudere i trilli vocali dal 18 di gennaio, il sublime «Don Giovanni» mozartiano diretto da Hubert Soudant per la regía, scene e costumi di Franco Zeffirelli, mastro di bellezze scenografiche, in unb allestimento coprodotto dai Nostri e dal Metropolitan di New York. Quindi l'immarcescibile «Rigoletto» diretto da Bruno Campanella dal 10 di febbraio e la piú sfiziosa «Maria Stuarda» donizettiana commessa alla bacchetta di Riccardo Frizza dal 23 di