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Violante Placido «Molto meglio lavorare da soli»

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Parla a bassa voce, quasi sussurrando, lo sguardo basso e la voglia di cambiare argomento. Violante Placido, ventottenne attrice figlia di Michele, ha recitato diretta dal padre in «Ovunque sei». Esperienza «traumatica» e sofferta. Tanto che, forse, difficilmente li rivedremo sullo stesso set. Papà e figlia oggi si vedono poco. Lui in questo periodo è impegnato in teatro con «Io e Pirandello», mentre al cinema c'è il suo ultimo film da regista «Romanzo criminale». Lei, in attesa di iniziare le riprese della nuova pellicola di Pupi Avati, sta muovendo i primi passi in quella che potrebbe diventare la sua carriera parallela, di cantante. Il suo cd sembra pervaso da una sorta di malinconia a tratti disperata... «Questo disco per me è stato terapeutico. Sono entrata in contatto con me stessa, con la mia intimità. E ora mi sento molto meglio, più leggera. È come se mi fossi sbloccata». Cosa la bloccava? «Per ognuno di noi è difficile trovare un equilibrio. Con la musica ho trovato il modo di canalizzare la creatività. Sentivo di avere dentro qualcosa di inespresso. Ora è venuto fuori». La recitazione non le bastava più? «Quando reciti a volte scopri parti di te che non andresti mai a tirare a fuori e che vengono a galla in modo inaspettato e a volte doloroso. La musica, invece, è la mia culla, il mio calmante. Con la chitarra, anche in una camera d'albergo, mi rilasso». Il disco si intitola «Don't be shy» («Non essere timido»). È autobiografico? «Combatto tutti i giorni con la mia timidezza e iniziare a cantare davanti al pubblico è un modo per mettermi ancora di più alla prova, per riuscire a gestire sempre meglio la timidezza». Il pezzo «A zero», è tratto dal romanzo di Vera Gemma «Le bambine cattive diventano cieche», ha un testo molto forte. Dietro l'apparenza angelica si nasconde una cattiva ragazza? «Con Vera scherziamo su questa etichetta che le hanno appiccicato. In realtà lei è una persona normalissima con una grande sensibilità. Come me. Quando ci siamo incontrate è scattato subito un feeling. Certo, le parole di Vera sono molto dure, io non sarei mai stata capace di scriverle, ma rispecchiano gli stati d'animo di tanti giovani». Vi unisce il fatto d'aver vissuto un'infanzia simile, con padri importanti sempre sotto i riflettori? «Non puoi non fare i conti con la notorierà dei tuoi genitori ma penso che sia difficile per tutti emergere. Quello che fa la differenza è l'orgoglio che ti scatta dentro». Da cantante si fa chiamare Viola. Cos'è uno sdoppiamento di personalità, l'inizio di una nuova vita? «Semplicemente questo cd è nato "in casa", tra amici (Giulio Corda e Paolo Bucciarelli). È qualcosa di semplice e intimo, perciò mi è sembrato naturale scegliere semplicemente Viola, come mi chiamano genitori e amici». Kat. Per.

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