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Emigranti italiani internati nei campi di lavoro

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«Anche i miei nonni controllati dall'Fbi perché provenienti da un Paese fascista»

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Ora sbarca in Italia con il suo ultimo romanzo, Il prezzo del silenzio (Sperling&Kupfer, ppg.377, euro 17). Ma questa volta le vicende narrate rivelano una verità scottante, sconosciuta ai più, soprattutto in Italia. Si tratta di un capitolo assai crudele della storia degli Stati Uniti: la «persecuzione» e l'internamento in campi di lavoro di oltre settecentomila italiani, con l'accusa di essere soltanto italiani. Era la prima metà degli anni quaranta del secolo scorso, il governo americano considerava sospetti, se non pericolosi, tutti quei giapponesi, tedeschi e, appunto, italiani che vivevano là, senza curarsi di verificarne le idee politiche o culturali. Tutto è nato quando il padre di Lisa Scottoline, in punto di morte, le ha rivelato tutta la «verità», confessandole che tra i sospettati c'erano stati i nonni, e consegnandole i documenti (pubblicati dalla stessa Autrice in fondo al libro), che attestavano la loro «identità di nemici». Come è riuscita a trasformare in romanzo, un evento così tragico? «Durante le mie ricerche, io ho chiesto di ricevere tutti i file e le pratiche per concentrarmi su quelli che erano deceduti durante l'internamento. Purtroppo, tra questi, ce n'era rimasta soltanto una di un italiano che si era suicidato, Amedeo Brandolini. Da questa notizia, la mia protagonista, l'avvocatessa Mary Di Nunzio, vuole scoprire la verità». Come erano trattati gli Italiani nei campi di lavoro? «Si trovavano più di diecimila, uomini e donne. Erano imprigionati, non potevano ricevere visite, non avevano contatti con nessuno, tanto meno con le loro famiglie, una situazione terribile per la sola colpa di essere italiani. Perché la scelta di dichiarare questa verità attraverso un legal-thriller? «Il pubblico legge poco libri di storia, un thriller invece, essendo molto più letto, sarebbe stato un veicolo ideale per far conoscere quei fatti». Come ha vissuto personalmente quella storia? «I miei nonni erano considerati nemici. L'FBI si recò a casa loro (vivevano vicino all'oceano), per perquisirla. Portarono via una torcia e una radio, perché pensavano che potevano essere strumenti di segnali ad eventuali navi nemiche. In realtà loro non hanno fatto mai nulla di male. Io ho chiesto a mio padre perché nessuno mi aveva mai narrato questa storia. Mi ha risposto che si vergognavano». Questa sorta di persecuzione era causata dall'avversione per il nazi-fascismo o da una costituzionale politica anti-italiana? «Dopo l'inizio della guerra, il governo americano aveva emesso un decreto secondo cui tutti gli italiani potevano essere trasportati in questi campi». Possiamo quindi affermare che nel suo libro c'è molto di personale? «Nel mio romanzo c'è molta sofferenza perché nelle vicende narrate non è coinvolta soltanto la mia protagonista, ma molti italiani e me stessa». Lei è contenta di avere radici italiane? «Certo! Durante le ricerche per il mio libro, ho capito fino in fondo i miei nonni che parlavano soltanto italiano. E hanno detto a mio padre di insegnarmi soltanto l'inglese, perché se avessi parlato l'italiano, l'FBI mi avrebbe riconosciuto e mi avrebbe preso. I miei nonni purtroppo si vergognavano molto di questo». Ma qual è il comun denominatore dei suoi libri? «La giustizia, la famiglia, l'amore, soprattutto in questo ultimo libro. Inoltre negli Stati Uniti ci sono poche scrittrici italo-americane, io nei miei libri invece inserisco sempre una donna italo-americana, che di solito è un avvocato o un giudice per dimostrare che anche loro possono raggiungere quei vertici». Il suo passatempo preferito? «Venire in vacanza in Italia. Ultimamente ho portato mia figlia a Roma, Firenze e Venezia perché non volevo che si vergognasse delle sue origini italiane». Nel 2000, Clinton ha pubblicamente espresso le scuse alla popolazione italiana per i fatti accaduti in quegli anni.

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