di ENRICO CAVALLOTTI BOLOGNA — La «Traviata», è noto, è come un tortello al ragù, gonfio e lauto e fumigante, ...
E' un tortello colmo di melodie carnose e malandrine che ti rapiscono il cuore e lo consegnano alla lagrima acquattata; un impasto d'armonie eterne e sùbite che il titolare di Lambruscologìa dell'Ateneo felsineo come il giovine garzone dell'opificio culatellesco consumano con pari voracità acritica, libido innata, esultanza primordiale, disfrenatezza di pathos. La «Traviata» è sì il tortello della puttana ma è pure l'ambrosia che nelle secrete dei nostri affetti trasforma detta cocotte in una sorta di femmina angelicata, cui ogni uomo sensibile voterebbe la propria esistenza virile: quanto meno le ore dell'insindacabile e fugace notte. Violetta è tortellone ed insieme donna assurta ad ideale femminino d'Italia. Quando ella si canta Amami Alfredo, è come s'ella cantasse patriottica V'amo tutti voi, miei itali adorati: tutti noi maschietti ci riconosciamo Alfredi, e tutte le nostre femminucce avvertono palpitar per entro le loro vene il palpito violettaneo: palpito generoso di dedizione all'amore eterno, non disgiunto tuttavia da una libertà di condotta morale che ha da prima lasciato libera la mondana di sfarfalleggiare sessualmente qua e là, su e giù, a dritta ed a manca: secondo varî menadistici godii, dall'umano genere apprezzati assai: da che mondo è mondo. Il tortello bolognese, col quale si è inaugurata la stagione lirica del Comunale, è riuscito col bacio. Il pubblico delle grandi occasioni, bramoso di Verdi e perciò esigente, ha gremito il Teatro, pronto a non lasciarla passare liscia a chi avesse, non che tradito, disatteso per qualche verso il rito traviateo. È andata bene, per fortuna degl'interpreti tutti e per gaudio dei consumatori. Tutti sanno «Traviata», si sa, ed a non pòrgergliela secondo ideali (peraltro improbabili) di canto di suono e di scena, ci si mette in coro a gridare allo scandalo, ed il pollice verso rifulge ed incombe come una maledizione sul tempio lirico che troppo ha osato ed è caduto, forse per sempre, in disgrazia. Il tortello è riuscito perché, a nostro umile parere, a dar voce e corpo all'eroina del sesso, dell'amour fou e del morbo fatale, c'era una donna e soprano super: la signora francese Norah Amsellem. Sinuosa e leopardesca, rembrandtiana nella dovizia dei tratti collinari ed armoniosa nel rapporto fra le parti a costituire un'unità memoranda: dalla fluente chioma bruna alle perlacee caviglie di sottilità ottocentesca. Non da meno è stata la sua voce calda ed agile: ricca d'allusioni gravi e fitte negli accidenti tragici, ma altresì atta a svolazzar puttanellescamente fra i siderei ghirigori del virtuosismo nei momenti dei dissoluti festini parigini. Violetta dismagata e moderna, senza cascami ottocenteschi, senza senapi callasiane e senza mortadellerie tebaldesche. Occheì per noi che s'ama concretezza d'atti e schietti flussi musicali, oggi che si va al sodo e non c'è tempo per onanismi lirici e rimpianti di ciò che fu che in realtà mai fu. Al fianco della Nostra, un Alfredo di complemento, non privo di lieti futuri: James Valenti. Del resto, Alfredo è un bietolone di per sé e nessuno ci provi a cavar sangue dalle rape. Nella saggia ed odiata parte di papà Germont il bravo Dalibor Jenis, la cui ugola delle volte eccedeva nel manifestare ostilità all'amantesca attività del figliuolo, ad un copulatorio agire che nella foga del fatto rischiava di lambire l'anima e l'istituzione familiare ad essa connessa. Bene gli altri. Da parte sua il maestro Daniele Gatti ha trattata la partitura con tanti e tali riguardi da tradirla, già che il Bussetano mica era così raffinato nell'orchestrazione come è apparso l'altrieri ai bolognesi. Verdi tirava dritto, senza tanti squinci e squindi, mentre Gatti, proustianamente, coglieva magati timbri e pastelli, sospiri d'antan e fremiti squisiti che in Padania erano e sono ignorati dalle genti e dai compositori indigeni, sodi di natura. A bilanciare i trascoloramenti gattiani, la regìa moderna della figlia di Peter Brook, Irina, la quale non ha temuto d'ambientare il plot ai giorni nostri