Paolo Conte, che passione

Proprio a Verona, davanti a duecento persone, il 18 dicembre 1976, in una ex stazione di funicolare adibita a teatro, Conte tenne il primo concerto della sua vita. Quasi ventinove anni più tardi l'astigiano è tornato a Verona per esibirsi, per la prima volta, all'Arena: stavolta davanti a dodicimila persone. «I bei teatri mi affascinano per la bellezza e per il carico di storia che hanno sopportato - spiegò l'artista nell'occasione - E non è vero che gli spazi più piccoli siano necessariamente i più adatti alla mia musica: ho imparato a sfidare le distanze con le luci, un'amplificazione adeguata, la nitidezza dei suoni». Prima del concerto, Conte annunciava, con il consueto understatement: «La mia casa discografica desidera veder documentata, anche su Dvd, questa esibizione per la novità del repertorio e delle orchestrazioni». E aggiungeva: «ho un pessimo rapporto con le telecamere: farò finta di non saperlo». Le telecamere guidate dal regista Stefano Barnaba, infatti, hanno seguito quanto avveniva in scena senza invadenza, rispettando la ritrosia del protagonista, del quale i ghigni e le smorfie, il curioso gesticolare nel lungo break strumentale di "Diavolo rosso", la gag sul finale di "Madeleine", gli inchini sghembi e quasi timidi, i muti ringraziamenti per gli applausi del pubblico, sono esplorati con discrezione. Le canzoni provengono da trent'anni di repertorio: da "Genova per noi" del 1975 ai brani tratti dall'ultimo album in studio, "Elegia" del 2004, passando attraverso il 1978 ("La donna d'inverno" e "Bartali"), il 1981 ("Alle prese con una verde milonga", "Via con me" e "Madeleine"), il 1982 ("Lo zio", "Gioco d¨azzardo" e "Diavolo rosso", da "Appunti di viaggio"), il 1986 ("Sparring partner", "Come-di" e "Sotto le stelle del jazz), il 1987 ("Max"), il 1990 ("Lupi spelacchiati" e "Eden"), il 1992 ("Schiava del Politeama"). R.T.