La «grande festa» dei Pooh

E saranno giorni infiniti, da qui a primavera '06, per Roby Facchinetti, Stefano D'Orazio, Red Canzian e Dodi Battaglia: giorni di brindisi, certamente (a cominciare dal gigantesco party milanese di stasera), di pellegrinaggi tv (sabato saranno dalla Carlucci, a «Ballando sotto le stelle», e domenica da Baudo, a «Domenica in»), ma anche di tanto lavoro per il gruppo che nacque nell'inverno del '66 in un cascinale di Bologna, oltre 350 canzoni fa. Quale sarà il clou de «La grande festa» dei Pooh? «Un doppio cd con 31 successi e due inediti che la Warner Music distribuirà da dopodomani - risponde Roby Facchinetti - un dvd con 19 videoclip di repertorio e il nuovo video del singolo "La grande festa"; il libro «Pooh, la grande storia 1966-2006» (Giunti, 287 pagine, 25 euro ndr), ricco di ricordi e foto storiche, a cura di Sandro Neri, già in libreria; e il tour di 14 tappe che partirà, il 18 marzo dal Palalottomatica di Roma e si concluderà a Milano, al Forum, il 7 aprile. Poi, passata la sbornia de "La grande festa", ci fermeremo a riflettere: il sogno nel cassetto è una rivisitazione del nostro repertorio in chiave sinfonica con l'esecuzione di una grande orchestra internazionale». Il successo aiuta a stare assieme? «Sì, se sei capace di rinnovarti e di reinvestire sul lavoro del gruppo. No, invece, se ti lasci incantare da auto di lusso, orologi costosi, cappotti di renna - interviene Stefano D'Orazio - Ai Pooh successe una cosa simile, dopo il successo di "Piccola Katy", e ricaddero nell'anonimato. Nel '71, con "Tanta voglia di lei", ebbero una seconda occasione e capirono che, anziché ubriacarsi di successo, è meglio lavorarci sopra. Da allora, i Pooh hanno sempre reinvestito sul loro marchio e sulla loro musica. Dal '76, ci autogestiamo produttivamente e cerchiamo continuamente di perferzionarci professionalmente». Momenti di crisi? Qualcuno ha pensato di staccarsi? «Ciascuno di noi ha vissuto le sue crisi, professionali e personali - osserva Facchinetti - ma, a turno, gli altri tre hanno sempre avuto la pazienza, la forza, l'affetto, per aspettarlo. Tra noi c'è molto di più di un'amicizia e di un'intesa: c'è una simbiosi». «Chi ha pensato di essere più bravo se n'è andato. E, forse, aveva ragione lui - conclude D'Orazio - Tra noi non c'è competizione, ognuno è leader nel suo ruolo. Quest'equilibrio produce l'entusiasmo che è indispensabile per andare avanti assieme, altrimenti, dopo 40 anni, sarebbe terribile».