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La corruzione in polizia a ritmo martellante

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È dai tempi di «Serpico» che il cinema americano ha il coraggio di puntare l'indice, anche in modo perentorio, contro la corruzione della polizia. Oggi percorre con forte impegno questo filone un produttore e sceneggiatore televisivo, David J. Burke, esordendo, per l'occasione, anche come regista sul grande schermo. L'Edison City del suo titolo (ricreata a Vancouver nel Canada), anche se immaginaria è, nelle realtà, una vera e propria capitale della corruzione. A tal segno che una delle squadre speciali della polizia non solo gestisce, con lauti guadagni, le gesta della malavita, ma, in questi suoi misfatti, ha perfino l'appoggio di un procuratore distrettuale coinvolto come gli altri in quei giri. Decide di denunciarli un giovane cronista di un giornaletto locale che, pur all'inizio dissuaso dal suo capo, si dà a indagare in tutti quei traffici illeciti, messo sull'avviso da un processo cui ha assistito per motivi professionali che gli ha fatto intuire delle connivenze proprio a livello di quella squadra di agenti speciali. La sua, però, non è un'impresa da poco perché quei poliziotti di cui intende denunciare l'attività illegale non solo, appunto, hanno salde protezioni, ma hanno metodi repressivi non dissimili da quelli in uso negli ambienti del crimine. Si vedrà presto così fatto segno a reazioni tali che lo porteranno addirittura in ospedale, ottenendo, però, dopo questo, non solo l'appoggio incondizionato del suo capo ma, adesso, sia il sostegno deciso di un poliziotto onesto sia di un altro, in combutta da principio con i corrotti e poi, alla fine, così indotto a pentirsi da essere proprio lui quello che salverà la vita al giornalista finito in una trappola che poteva essergli fatale. Il testo e la regia sono sempre molto serrati. Il confronto fra il giornalista coraggioso e il suo capo in un primo tempo titubante è svolto con molta attenzione per le psicologie e il loro evolversi. I corrotti sono tutti affidati a segni forti, anche se si evita quasi sempre la maniera e il conflitto morale del poliziotto che sceglie alla fine di schierarsi a favore del protagonista è seguito, pur senza accenti insistiti, con meditata precisione. Mentre attorno, la città, la polizia e, soprattutto, le sue violenze efferate sono affidate sempre a ritmi martellati ed angoscianti, a cominciare dalle prime pagine che, ancora senza rivelarne i contorni, mostrano il «nero» in cui tutto il dramma sarà poi immerso. Il giornalista è Justin Timberlake, fino a ieri una icona della musica pop, il suo capo è, con la consueta umanità, Morgan Freeman, il poliziotto che si convertirà è un noto rapper afroamericano, James Todd Smith, più noto in campo musicale come Ll Cool J.

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