E per vita il brivido della velocità
Ora, Alessandro Baricco in «Questa storia» (Fandango, 288 pagine, 15 euro) propone quel mito attraverso le vicende - e vicissitudini - di Ultimo, il protagonista, che per mezzo del circuito, non solo automobilistico, intuisce quello ben evidente, ma spesso sconosciuto, dell'esistenza. Dall'indimenticabile Parigi-Madrid del 1903 alla Prima Guerra Mondiale, con la rotta di Caporetto dalle «dimensioni bibliche e di accecante caos formale», dagli eventi atroci della Seconda Guerra alle stupefacenti prestazioni degli aerei vissute a Sinnington in Inghilterra, Ultimo non può non constatare «tante avventure di fierezza e coraggio, Tante avventure di fierezza e coraggio e paura, di fierezza e coraggio e paura e follia. Così tante avventure di uomini in guerra». E quella stessa velocità che tanta importanza aveva assunto nel contesto spazio-temporale dell'uomo, acquista dominio nelle più profonde emozioni di cui siamo capaci fino a toccare la sensazione, per dirla con le parole del conte Leopardi, «matta e disperatissima» dell'ebbrezza suicida. «Mio padre faceva il meccanico e correva insieme a un pilota, un conte appassionato di automobili. Un giorno vennero a fare una gara da queste parti, e arrivati in quel rettilineo il conte, improvvisamente, sterzò verso gli alberi. Lo fece accelerando e gridando il proprio nome. "Vuol dire che lo fece apposta? Sì. Cosa voleva fare? Suicidarsi, immagino. Scherza? No,no, è tutto vero"». Ma nel capitolo dedicato al 1950, «Mille Miglia», si respira anche l'immortalità della gloria in una sorta di ideali cavallereschi e umanistici poi delusi dall'indifferenza del progresso, e talvolta oscurati da un "moderno" divismo non privo però di un certo glamour di qualità. «I piloti arrivavano, bellissimi, rilassati, si fermavano a mangiare o addirittura a dormire. Sulle macchine avevano una freccia rossa con la scritta "concorrente in prova". A me sembravano tutti eroi, tutti, senza eccezioni. Anche quelli più grassi o vecchi, dei cavalieri». Sono le parole di una donna che prosegue: «Io mi lavavo i capelli ogni mattina. E per tutti quei giorni non capivo più niente. Credo di essermi innamorata di una dozzina di piloti, solo in quel primo anno. Mi andavano tutti bene. E quando ripartivano ti baciavano, e qualcuno andava vicino alle labbra, sento ancora i baffetti pungere qui, era una cosa che ti aspettavi per ore, prima. Certi batticuore...». Sono le figure femminili il sale di questo dinamico volume: Elizaveta o Florence offrono l'immagine compiuta di una "sanità" laica dell'amore, pur con tutte le sue molteplici espressioni di abbandoni e solitudini, di accenti emotivi e apostrofi erotici, ìVolevo che sapesse che era una persona speciale, di quelle che si leggono nei libri, di quelle che lui leggeva nei fumetti. Un eroe. Ecco, forse volevo sapesse che lui era un eroe. Dirglielo, questo mai». E la morte chiude il sipario al respiro grammaticale della vita, ma soprattutto chiude l'amara considerazione del nostro autore: «Morire e dare nomi, non si fa altro di sincero, probabilmente, per tutto il tempo che si campa». Questa storia convince davvero. Il diario, il memoriale, i rapidi dialoghi che compongono il libro, restituiscono intera la personalità di uno scrittore capace di narrare i meccanismi talvolta contorti, se non vere e proprie follie che si celano dietro l'essere umano. Senza dubbio singolare, la realizzazione di quattro differenti copertine, con i disegni di Gianluigi Toccafondo e la grafica dello Studio Jellici, e di un dvd in allegato, realizzato da Guido Chiesa e prodotto da Fandango, nel quale Alessandro Baricco racconta la genesi del romanzo in un film della durata di sei minuti. Un'occasione per saperne di più sarà offerta mercoledì 23 novembre dalle 20.30 all