«I giovani di oggi sono bravi e sintetici Io amo provocare cercando l'originalità»
Roberto Vecchioni non è artista per mezze misure, si ama, o si detesta. Ha la tendenza a salire in cattedra, a spiegare con garbo e sorrisi tutto a tutti, sconfinando spesso nella sociologia spicciola. Ma è anche un tipo che sa cosa significa soffrire: soprattutto, Vecchioni è sensibile e spontaneo. E, poi, ama le sorprese, come tutti i fanciulli. E, ogni tanto, si diverte un mondo a farle agli altri, le sorprese. E «Contastorie», il suo nuovo album che la Universal metterà in circolazione dall'11 novembre, è certamente una gradita sorpresa: 16 brani di repertorio, alcuni celebri, come «Samarcanda» e «Luci a San Siro», altri quasi sconosciuti, rivisitati in chiave acustica e in stile jazz e associati a un libretto con cinque favole, che nello show allestito per amici e fan club, ieri sera, nello stadio milanese, sono state lette da Ottavia Piccolo e Gioele Dix. Vecchioni, perché quest'album con brani, come «Luci a San Siro» di 35 anni fa? «Attraverso un momento felice e mi piace il silenzio, l'assenza di rumore. Mi sono stancato dei 200 violini e delle grandi orchestre. Così, ho deciso di preparare il prossimo tour, che partirà il 15 novembre da Bagnacavallo (Ravenna) e si concluderà il 13 febbraio a Udine, assieme a due soli musicisti, peraltro bravissimi: il pianista Patrizio Fariselli e il bassista Paolino Dalla Porta. Ci siamo divertiti tantissimo a riarrangiare le musiche delle canzoni che porteremo in giro, finché è nata l'idea di una registrazione dal vivo. Ho combattuto con la Universal che voleva assolutamente "Samarcanda" nell'album, mentre io ero contrario a inserire una canzone così nota. Naturalmente, ho perso anche perché loro hanno assicurato che porta buono». E ha cambiato anche le favole? «Da tempo, racconto delle favole per introdurre le mie canzoni, cercando eventuali punti in comune, come il "Giovannino e la pianta di fagioli" che ho associato al Che Guevara della "Celia de la Serna". Sì, ho cambiato i finali rassicuranti delle favole perché la vita non è un lieto fine. Bisogna tenere conto che le fiabe sono quasi sempre dirette ai bambini, mentre le mie favole non sono per i più piccini. Inoltre, io mi rifaccio a quelle favole che hanno radici popolari, che sono metafore del dolore, tramandate e cambiate oralmente. In questo caso, variarle si può. Ad esempio, mi sono divertito tantissimo a far mangiare il pulcino dal gatto Silvestro. Comunque, il libretto che accompagna l'album è solo un assaggio, a febbraio uscirà per Einaudi un volume con 22 favole riscritte da me». Non si può certo definirla un appassionato dell'ovvio. «Mi piace cercare gli elementi insoliti, nascosti. Anche nella musica, che preferisco definire "lieve" anziché leggera: cerco sempre il contrario del contrario, non mi fermo alla provocazione, mi piace cercare anche la controprovocazione. E questo non vale solo per i brani che si riferiscono al sociale. Anche nelle canzoni d'amore cerco situazioni mai sperimentate, come in "Ritratto di signora in raso rosa" dove lui si promette al femminile dichiarandole "Sarò la tua signora". Mi piace cercare l'eccezione, quello che non si trova tutti giorni o in tutte le canzoni. La canzone tende a mediocrizzare tutto». Vuol dire che la canzone rende tutto mediocre? «No, precisiamo. La canzone tende a esprimere significati mediali, valori di mezzo: prende il grosso. De Gregori, ad esempio, ha più canzoni mediali che non ama, a cominciare da "La donna cannone" che, secondo me, è una delle più belle del secolo. Con "La leva calcistica", invece, occorre andare molto in profondità per scoprire di che si tratta e quando ci arrivi, provi un gran gusto». La sua generazione aveva familiarità con la politica, la letteratura, la filosofia. E i cantanti di oggi? «Diciamo pure che alcuni rompevano i marroni. Oggi, ci sono bravissimi interpreti. Forse, oggi, i giovani sono più sintetici e spaventosamente menefreghisti. Forse, non gli abbiamo insegnato abbastanza bene a provare il brivido della lotta per certi valori». Per le primarie a sindaco di Milano