VISTO DAL CRITICO

CHI AVREBBE immaginato che Jodie Foster, l'adolescente dal sorriso irresistibile di «Casotto», del '77, e la baby-lucciola di «Taxi driver» del '76, sarebbe diventata la più ammirata star di Hollywood, padrona di una recitazione piena e vigorosa, unica erede di star come Jane Russell e in grado di tenere in piedi e rendere gustosi film modesti, come questo «Flightplan»? Jodie ha lasciato perdere lo star-system, il gossip, la promozione sfrenata di se stessa e la nevrosi di guadagnare sempre di più. Pensa a recitare, prima di tutto. E si vede. La storia di questo film non ha nulla di veramente originale, ma non mancherà di appassionare. Il regista è il tedesco Robert Schwentke, che già si era distinto per «Tattoo» e che fa parte di quell'esercito di promettenti direttori che Hollywood sta reclutando in tutto il mondo in modo frenetico, dibattendosi un po' scompostamente, tentando di liberarsi dalla stretta della crisi che la sta strangolando. Una bella fortuna per il trentasettenne regista di Stoccarda, che entra così nel regno dorato del cinema Usa, ma che ha avuto fortuna ancor maggiore incontrando la bella Jodie. Schwentke ha messo insieme il classico thriller che, secondo una moda in voga negli States, per alzare il livello della tensione, coinvolge una bambina. Ha aggiunto un po' di paure ancestrali, di quelle che in un modo o nell'altro sono presenti in tutte le persone di tutto il mondo. Ha ben condito con una decisa impostazione dopo-11 settembre, il vero incubo degli Stati Uniti, e ha frullato tutto all'interno di un enorme, supertecnologico areo di linea, di quelli che sono in grado di contenere più persone di un paese della Padania, e poi una Mercedes, una bara e un sacco di altre cose. Il risultato è interessante e ben confezionato: la luce è poca (come ci si aspetta da un thriller), ma le immagini sono sempre ben definite. Le inquadrature sono singolari, con la macchina da presa in posizioni inusuali, dando l'idea di un punti di vista angusti, precari. Gli interpreti sono dei vecchi volponi, tra i quali spicca il capitano dell'aereo, Sean Bean, rigoroso attore inglese dello Yorkshire, che ormai avrà fatto una fortuna con ruoli di secondo piano in grandi produzioni americane. Il risultato è onesto e piacevole e, soprattutto, visto che non ci sono scene di particolare violenza, è uno spettacolo proponibile e godibile per l'intera famiglia. Insomma una buona fiction che però ha una marcia in più, un ingrediente magico: lei, la bella Jodie. E chi pensa che in fondo tanto bella non è, vada a vedere questo film. Jodie è talmente brava che riesce a convincerci anche di essere bella.